Silvia Bianchi
Anselmo Bucci grafico


Tra le collezioni pubbliche italiane che conservano i nuclei più cospicui e significativi del corpus grafico di Anselmo Bucci, subito dopo la Quadreria Cesarini di Fossombrone si colloca la  Civica Raccolta delle Stampe "A. Bertarelli", che possiede oltre quattrocento fogli di questo incisore, protagonista della prima metà del Novecento, artista sensibile alla cultura internazionale e partecipe dei fermenti artistici degli inizi del secolo senza peraltro mai abdicare a una personale indipendenza espressiva. La letteratura riguardante l'attività artistica di Anselmo Bucci è molto ampia e ad essa negli ultimi decenni si sono aggiunti diversi cataloghi di mostre che hanno offerto importanti approfondimenti critici e un vasto materiale iconografico e biografico oltre che bibliografico [1]. In questa sede si è scelto di ricordare solo le notizie fondamentali atte ad inquadrare la figura e l'attività dell'artista marchigiano, focalizzando piuttosto l'intervento sull'esame delle sue opere grafiche collocate all'interno delle civiche collezioni e biblioteche milanesi.

Nato il 23 maggio 1887 a Fossombrone (Pesaro) che rimane il luogo delle sue radici [2], Bucci vive poi tra Cittadella di Padova, Este (Ferrara) [3] e Venezia, dove compie gli studi classici [4]. Nel 1904 si stabilisce con la famiglia a Monza e l'anno seguente si iscrive all'Accademia di Brera [5], che tuttavia frequenta per un solo anno. Stringe amicizia con Leonardo Dudreville e con il giovane critico Marco Buggelli con i quali nel 1906 parte per Parigi [6] con l'intento di scoprire e "conquistare" la Ville lumière ed è qui che si appassiona alle tecniche incisorie. Dal 1907 espone regolarmente sia al "Salon des artistes français" che agli "Indépendents". Nella capitale francese soggiorna fino al 1915, quando all'entrata dell'Italia nella Grande Guerra rientra in patria e partecipa al conflitto.  Terminata la guerra, tra il 1920 e il 1934 Bucci fa la spola tra Parigi e Milano, dove nel 1922 fonda assieme ad alcuni altri artisti il gruppo Novecento che, in opposizione alle scelte attuate dalle avanguardie, promuoveva il recupero di un'arte figurativa. Nel 1935 lascia definitivamente la Francia e, dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1941 si propone come "artista di guerra" presso le basi militari di Taranto, Messina e La Spezia. Nell'agosto del 1943 il suo studio di Milano viene distrutto dal bombardamento alleato che devasta la città e Bucci si stabilisce presso la casa paterna a Monza, dove muore il 19 novembre 1955. L'anno precedente, la Calcografia Nazionale aveva allestito una ricca mostra antologica della sua opera grafica [7], l'anno seguente la Biennale Internazionale di Venezia, dove l'artista aveva esposto regolarmente dal 1920 al 1950 [8], gli dedicherà una retrospettiva [9]. È opportuno ricordare, infine, che in Bucci all'espressione artistica si affianca quella letteraria, essendo egli stato non solo un artista, pittore, disegnatore e incisore, ma anche un intellettuale, scrittore e giornalista [10].

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Il Fondo Anselmo Bucci presso la Civica Raccolta "Achille Bertarelli" di Milano

Il Fondo si è formato a partire dal 1937, anno in cui, come risulta dalla consultazione dei Registri di carico, la Civica Raccolta acquistò presso lo stesso artista un primo considerevole nucleo di 393 stampe per la cifra di 9.500 lire [11]. Di questo insieme fanno parte incisioni diverse per soggetto e tecnica, che offrono un quadro molto significativo della produzione incisoria di Bucci nel periodo compreso tra gli esordi parigini e gli ultimi anni Trenta; uno stesso soggetto a volte è presente in due o più esemplari, spesso in stati diversi, alcuni stampati su carta Giappone. Dal 1907 al 1914 l'artista racconta la Parigi di inizi Novecento con l'abilità di saper rievocare un ambiente e una situazione con la rapidità di pochi segni: la sua è una visione post-impressionista caratterizzata dal gusto per il plein-air, la luce e la mobilità, da una grande acutezza dello sguardo, da una vivacità del racconto che si riallaccia da un punto di vista formale ai valori estetici della grafica dell'Ottocento francese, a Honoré Daumier, Pierre-Auguste Renoir, Henry de Toulouse Lautrec, Edgar Chahine. Le prime opere parigine di Bucci sono ritratti di amici [12], personaggi raffinati e colti, eseguiti direttamente dal vero impiegando la vernice molle. Questa tecnica viene presto sostituita dal procedimento più rapido e immediato della puntasecca con cui esegue ritratti di intellettuali, artisti, modelle, signore borghesi [13], alcuni autoritratti [14], raffigurazioni di animali [15], vedute di Parigi [16]. Talvolta l'artista ricorre anche ad altre tecniche come l'acquaforte, l'acquatinta e il monotipo, usa la rotella, esegue puntesecche a colori in due o tre rami; dal 1908 scopre la litografia e realizza alcune copertine per il cantante e poeta Albert Larrieu, fondatore del Trio Montmartrois [17]. Di questi anni, la Raccolta Bertarelli conserva le serie di puntesecche che costituiscono la parte migliore della produzione del maestro marchigiano: Petit Paris qui bouge [18], Studi di vecchi e Studi di vecchie [19] del 1908, Inondazioni di Parigi [20], Rouen [21] e Paris qui bouge [22] del 1909, caratterizzate da un segno, come lo definiva lui stesso, "allegretto e rapido" [23]. In particolare nelle due serie di vedute Petit Paris qui bouge e Paris qui bouge, le più conosciute, l'artista mostra "una Parigi quotidiana, con figure che si muovono rapide nella via, signore aristocratiche e cortigiane, carrozze in attesa e cavalli al trotto, selciatori e cavatori, bancarelle e caffè, improvvise piogge e funerali [...] dove i fiacres si alternano ai carretti. Non cerca l'episodio curioso, l'evento eccezionale, il dato pittoresco, non aspira alla denuncia sociale, cerca di cogliere l'intero spettacolo della vita quotidiana osservando attentamente tutto ciò che gli si presenta davanti agli occhi, quasi senza scegliere tra eventi diversi" [24]. Bucci "è il grande narratore della vita, della città in movimento, in fermento. Con poche linee ci racconta i due volti di Parigi: quello festoso, mondano e raffinato e quello più dimesso, quotidiano, degli umili. Ha tracciato i gesti dei selciatori che lastricano il boulevard, le sagome delle donne che vendono la verdura al mercato, il profilo di un vagabondo abbandonato su una panchina. La punta a volte affonda, graffia o semplicemente sfiora la superficie del metallo" [25]. Va ricordato a questo proposito quanto scriveva Orio Vergani: "A ventidue anni, a Parigi, un pittore italiano [...] ha comprato ogni giorno, dal lattoniere, una lastrina di zinco da sei soldi: ha cercato una panchina su cui sedere, un lampione cui appoggiarsi, una balaustra da cui sporgersi sulla strada. Aveva in mano, fra le dita che facevano il callo, la punta d'acciaio. Davanti aveva la strada: la strada di Parigi. [...] Lavora anche lui in strada, come i selciaioli, come i demolitori, come i carrettieri, come le venditrici di frittelle, come le "poules" che percorrono venti chilometri al giorno di tacchi alti, di busto di balena, di penne di struzzo." [26]. Il segno di Bucci "sa sfruttare le impurità e le barbe della puntasecca come effetti espressivi, vellutata morbidezza" [27]. "Si tratta di una specie di felicissima calligrafia, che giunge al massimo dei suoi esiti proprio nella puntasecca che consente scatti improvvisi, guizzi estemporanei, eleganza di trattato, sintesi efficacissime ed estremamente raffinate specie quando sia eseguita, come usava fare il Bucci, direttamente, dal vero, sulla lastra." [28]. Per quanto concerne poi i ritratti, l'artista pone nell'indagare un'espressione, la forma di un volto, la stessa acutezza e forza di percezione che gli consente di raccontare l'eccezionale quotidianità di Parigi, caratteristiche queste presenti anche nel filone dell'autoritratto, che ricorre con frequenza nella poetica del maestro marchigiano. Un grado di intensità elevatissima, proprio perché riassumono nelle loro fattezze le sofferenze e il peso di una intera esistenza, è raggiunto dagli studi di vecchi eseguiti nel 1908. Tra il 1912 e il 1913, mentre Parigi è un crogiuolo artistico di linguaggi delle avanguardie, Bucci sente l'esigenza di allontanarsi dalla città alla ricerca di nuovi stimoli e ispirazioni e compie alcuni viaggi in località del Mediterraneo e del Nord della Francia (Bretagna) considerati "arcaici", non ancora contaminati dall'urbanizzazione e legati alle tradizioni locali: nella primavera del 1912 compie un lungo viaggio in Sardegna e a fine anno parte per l'Algeria; conclude questo viaggio l'anno seguente e nel 1913 rientra a Parigi. Di questo periodo la Raccolta Bertarelli conserva, accanto ad alcune vedute parigine [29] e ritratti [30], numerosi fogli che rappresentano figure e paesaggi della Sardegna [31], dell'Algeria [32] e della Bretagna [33], vere e proprie impressioni di viaggio eseguite con un linguaggio compendiario in cui "l'attenzione dell'artista si fissa su figure, luoghi e cose con inesauribile talento narrativo" [34]. Talora queste incisioni sono riunite in serie, come le Notti di Algeri [35] e Bretagna [36]. Sembra che almeno occasionalmente l'artista sia anche rientrato in famiglia, a Monza [37]. Lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914 lo trova ancora a Parigi dove documenta le prime azioni belliche sul fronte francese [38], senza peraltro abbandonare i ritratti [39] e le vedute [40]; anche tra il 1915 e il 1918, dopo il suo rientro in Italia per partecipare al conflitto, accanto alle opere relative alla Grande Guerra (materia che viene trattata nel paragrafo seguente) incide altri ritratti [41] e vedute di città italiane [42], unendo talvolta alla puntasecca la tecnica della maniera nera. In seguito, nel periodo compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale, come emerge anche dall'esame delle opere conservate presso la Raccolta Bertarelli, Bucci diversifica ulteriormente la sua produzione grafica. Del periodo postbellico la Raccolta possiede un manifesto per l'ILVA del 1919 [43], alcuni ex-libris realizzati tra il 1920 e il 1924 [44], una partecipazione di nozze [45] e un San Giovanni Battista [46] datati 1921. Vi sono inoltre un autoritratto del 1922 [47], due studi di nudo [48] e alcuni soggetti di gusto simbolista [49] incisi tra il 1927 e il 1929, un menu illustrato del 1931 [50]. Ma soprattutto, di quegli anni Venti e Trenta in cui Bucci alterna la sua presenza fra lo studio di Parigi e quello di Milano, la Raccolta conserva una ricca produzione grafica che riprende con tecniche diverse, anche miste, i temi più congeniali all'artista: numerosi ritratti, prevalentemente di intellettuali, artisti, nobili e borghesi [51], monumenti, scorci, ambienti di città, prevalentemente italiane e solo alcune francesi [52], raffigurazioni di animali [53]. Con riferimento alle opere di questo periodo, va osservato che nel primo dopoguerra e soprattutto dopo la partecipazione di Bucci alla fondazione di Novecento (movimento artistico che egli stesso battezzò con questo nome) qualcosa cambia nella sua arte "sia nei dipinti in cui vi è la ricerca di una diversa solidità di volumi e di una più salda struttura generale, sia nelle incisioni in cui affiora a tratti una conversione a un'arte più meditata, più costruita" [54]. Risalgono infine al 1938 cinque puntesecche di vario soggetto [55], che in quello stesso anno Bucci donò alla Raccolta Bertarelli [56].

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Fondo Bucci: la testimonianza dei due conflitti mondiali

Anselmo Bucci ha dedicato una parte significativa della sua produzione alla Grande Guerra, cui ha partecipato in prima persona. Nel maggio del 1915, con lo scoppio delle ostilità in Italia, l'artista torna in patria e nell'estate dello stesso anno, arruolatosi insieme ad un gruppo di amici futuristi (Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Antonio Sant'Elia e Carlo Erba, affratellati da un generico spirito anarchico che fu comune a molti interventisti), parte volontario per il fronte con il Battaglione Lombardo dei Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.). Il battaglione, nato come arma specializzata per la difesa territoriale in zone non montane, dalle necessità della guerra è portato a combattere come Fanteria di montagna; esso viene tenuto da agosto a settembre in riserva nella vecchia fortezza di Peschiera a svolgere un antieroico servizio di retrovia, in seguito opera nella zona dell'alto Garda. L'ultimo giorno di novembre il Battaglione Lombardo viene sciolto e agli inizi di dicembre i volontari ripartono per Milano, dove sono smistati e distribuiti in altre unità: Bucci passa nel 68° Regg. di Fanteria e pellegrina per vari fronti [57]. Gli eventi della Grande Guerra, un tragico, sanguinoso conflitto che costrinse decine di migliaia di soldati a combattere in condizioni inimmaginabili, seppelliti dal fango nelle trincee e mandati al massacro, hanno ispirato una vasta produzione di opere grafiche tra cronaca, glorificazione del dolore ed esaltazione del sacrificio e dell'eroismo, denuncia della barbarie della guerra. Bucci, nelle sue numerose puntesecche e negli ancor più numerosi disegni eseguiti tra il 1915 e il 1917 [58], non si interessa agli eventi bellici grandiosi o tragici, ma si sofferma soprattutto a documentare le attività quotidiane dei soldati redigendo un diario minuzioso di ciò che accade: i momenti dell'attesa e della sosta, l'ambiente della caserma, gli uomini colti nelle loro mansioni, l'autore che disegna in un momento di riposo, una colonna di soldati in marcia simili a formiche. A queste situazioni se ne alternano altre maggiormente partecipi della tensione della battaglia: episodi di trincea con i reticolati, i soldati che avanzano o che giacciono appostati, lo scoppio di una granata, le rovine quale esito della guerra. Sono immagini che hanno un carattere di resoconto sottile della vita militare, colte alla puntasecca (talvolta con l'aggiunta di lavorazione alla maniera nera e alla rotella) con segno meno disinvolto che a Parigi ma sempre rapido ed essenziale, rese in modo molto efficace anche grazie ad una grande capacità di semplificazione e al taglio particolare delle inquadrature. In parte queste incisioni sono state in seguito riunite nella serie dei Croquis du front italien, un vero e proprio "reportage" dal vero che raccoglie cinquanta puntesecche in quattro albums editi nel 1917 dal D'Alignan di Parigi [59], altre si presentano come fogli sparsi. La Raccolta Bertarelli possiede otto stampe appartenenti alla serie dei Croquis [60] e dodici stampe sciolte [61]. Come risulta dai dati del Registro di Carico [62], esse appartengono tutte al primo consistente nucleo acquistato presso lo stesso artista nel 1937. Nella Raccolta si trova anche una serie di dieci cartoline riproducenti altrettanti disegni di guerra di Bucci, accompagnate da un frontespizio che reca il titolo Al fronte. 10 impressioni di Anselmo Bucci Volontario Ciclista edite dagli amici ottobre del 1915 [63]. Verso la fine della guerra Bucci entra a far parte del Battaglione San Marco, dei fanti di marina che difendevano Venezia sul fronte del Basso Piave, e vive nelle trincee o sulle navi tra i marinai. Anche questa esperienza è documentata visivamente con due serie di litografie a colori realizzate nel 1918: Marina a terra [64] e Finis Austriae [65]. Di questa seconda cartella la Raccolta Bertarelli conserva un esemplare, acquistato presso l'artista nel 1937 [66], i cui fogli presentano la particolarità di recare nei margini degli schizzi a matita e acquerello. Nelle litografie, tutte ambientate a Pola ed eseguite nel novembre del 1918 dopo la conclusione della guerra che segnò la disfatta dell'esercito austriaco, le scene sembrano animarsi di un respiro più ampio e commosso, il segno s'allarga in una consistenza pittorica. L'artista descrive con mano sempre veloce e sicura, ma con malinconica partecipazione, con colori spenti e cupi solo qua e là rialzati da una nota più vivace, la tristezza del nemico: una moltitudine in ritirata, schiacciata sotto il peso della lunga guerra e ancor più della sconfitta. Negli anni intermedi tra la prima e la seconda guerra mondiale l'artista si sofferma sull'attività svolta nei cantieri italiani [67], in particolare a La Spezia e Trieste dove dal 1930 lavora per un paio d' anni come architetto e decoratore navale e progetta l'arredamento di tre piccoli piroscafi della Navigazione Libera Triestina: Timavo, Duchessa d'Aosta, California [68], tutti purtroppo perduti nel 1942. In seguito allo scoppio del secondo conflitto mondiale, tra il 1940 e il 1941 Bucci torna ad essere un artista di guerra e opera come osservatore al seguito della marina, documentando nelle puntesecche della serie Seconda guerra mondiale aspetti della vita militare in marina e in aviazione colti direttamente, con la consueta naturalezza e rapida precisione visiva, nei porti di Taranto, La Spezia e Messina: immagini di incrociatori e aerei, ma soprattutto marinai che riposano, giocano a carte o a tombola, consumano il pasto. In queste puntesecche scompare tuttavia l'antica leggerezza e l'artista ricerca piuttosto una diversa solidità di volumi e una più salda struttura generale. Nel 1945 la Raccolta Bertarelli ha acquistato presso l'artista ventiquattro incisioni di questa serie [69] per la cifra di 5.000 lire [70].

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Le altre opere di grafica conservate nei Civici Musei Milanesi

Come si è detto, a Milano oltre quattrocento incisioni di Anselmo Bucci sono conservate presso la Civica Raccolta di Stampe "Achille Bertarelli", ma alcuni fogli di grafica sono rintracciabili anche presso altre sedi dei Civici Musei Milanesi. Nella Biblioteca e archivio del Museo del Risorgimento si trovano almeno altri sei esemplari di incisioni relative alla Grande Guerra. Alcune sono stampe sciolte: Le tre piante, La granata, Scarpe al sole, altre fanno parte dei Croquis La partenza, Volontari ciclisti, In linea (Battaglini, Marinetti, Boccioni, Bucci) [71]. Nel Museo Poldi Pezzoli è conservata una sanguigna, Lettere a casa [72], appartenente alla serie di disegni eseguiti tra il 1917 e il 1918 sul fronte veneto e friulano. Nelle collezioni del Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco sono presenti alcuni disegni di Bucci realizzati in un arco di tempo compreso tra il 1915 e il 1938. Risalgono al periodo bellico Taglio di reticolati e Strisciando, quest'ultimo datato novembre 1915, entrambi acquistati nel 1916 presso la Famiglia Artistica di Milano [73]: il secondo è particolarmente interessante perché costituisce il disegno preparatorio dell'incisione Alpino che arrampica [74]. Il ritratto a matita della sorella Emilia Giorno di Pasqua. Alla Bigia [75] proviene da una donazione effettuata dallo stesso artista nel 1938 ed è probabilmente da mettere in relazione con i tre ritratti della Bigia eseguiti a puntasecca nel 1926 [76], in particolare con Bigia malata. La data "28 ottobre 1927" è apposta al disegno acquerellato Particolare del lago di Como, donato nel 1945 dalla "Società degli Indipendenti" [77]. Del 1938 infine è il disegno preparatorio di un ex-libris realizzato per le stampe e i libri del legato Achille Bertarelli, acquistato presso lo stesso Bucci nel 1947 [78].
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Bucci illustratore di libri: i volumi conservati presso la Raccolta Bertarelli e le Civiche Biblioteche Milanesi

A margine delle ricerche sull'opera grafica di questo poliedrico artista può essere interessante compiere un breve excursus in un ambito meno noto della sua produzione, quello dell'illustrazione del libro. Durante tutto l'arco della sua attività, infatti, Bucci ha occasionalmente fornito materiale illustrativo per varie pubblicazioni (spesso dietro richiesta degli autori stessi, a lui legati da vincoli di amicizia o anche da semplice conoscenza) e a questo fine ha utilizzato tecniche diverse quali la litografia, la puntasecca, il disegno. Nel prendere in considerazione tale materiale ci limitiamo alla segnalazione dei volumi consultabili nelle civiche biblioteche di Milano. Nel 1919 l'artista marchigiano realizza il ritratto litografico Ginetta per la copertina di una raccolta di liriche di Diego Valeri, intitolata Crisalide [79] e nello stesso anno incide due puntesecche, L'errante e Il figlio di Oloferne per il volume I pellegrini di S. Brandano di Ludovico Toeplitz [80], mentre dell'anno successivo sono altre due puntesecche, Il frutto e Il seme, per il poemetto Le opere e i giorni di Marino Marin [81]. In queste opere Bucci si esprime con il suo peculiare fraseggio rapido, chiaro ed efficace, qui evocativo oltre che descrittivo. Un linguaggio più meditato, una maggior consistenza e floridezza di volumi «dove la puntasecca sembra esibirsi in virtuosistiche esercitazioni di plasticismo» [82] si riscontra nelle otto tavole incise nel 1925 per il Primo libro della Giungla [83], considerate tra le illustrazioni migliori di Bucci che era entrato in contatto con Kipling grazie all'amico pittore Ettore Cosomati residente in quel periodo a Londra. Nel 1927 Bucci frequenta a Milano l'ambiente di Bagutta e dei baguttiani [84] e fornisce assieme a Mario Vellani Marchi e Aldo Carpi le illustrazioni litografiche per il volume di Giovan Battista Angioletti Il giorno del giudizio, vincitore in quell'anno del primo Premio Bagutta e ristampato nel 1928 in edizione numerata dai Fratelli Ribet editori in Torino [85]. Le otto litografie di Bucci, realizzate per tre racconti: L'uomo qualunque, La fuga del leone, Il giorno del giudizio, colgono e traducono in immagine alcuni passaggi significativi del testo [86]. Le illustrazioni, alcune delle quali a piena pagina, altre sotto forma di vignette iniziali o di finalini, mostrano un segno vigoroso, che ove ripetutamente ripassato rafforza gli scuri, e sfumature condotte con tratteggio fine e insistito. Negli anni Trenta, a iniziare dal ritratto di Riccardo Bacchelli per un volume di liriche e memorie di questo scrittore [87], l'artista fornisce elaborazioni grafiche originali finalizzate alla riproduzione fotomeccanica, più consona a pubblicazioni ad elevata tiratura. Anche se queste opere non appartengono al campo della stampa originale, vanno tenute nella giusta considerazione perché sono comunque espressione della creatività del maestro. Per la prima edizione (maggio 1935) del volume di Fabio Tombari, Il libro degli animali [88], Bucci prepara una serie di sedici illustrazioni che interpretano altrettanti passi dei racconti. Queste tavole, pur prevalendo in esse l'aspetto decorativo-illustrativo, documentano ancora una volta l'amore dell'artista per gli animali, di cui ricerca l'estetica con attenta osservazione attraverso la naturalezza degli atteggiamenti [89]. Nel 1937 fornisce otto illustrazioni per una ristampa moderna dell'opera ottocentesca di Giovanni Rajberti, L'arte di convitare spiegata al popolo [90]. I disegni, tracciati a penna e stampati in bianco e nero, sembrano usciti dalla penna di un illustratore del XIX secolo. Essi fanno riferimento ad alcuni passi del testo e mettono in scena, in un'ambientazione d'epoca attenta anche ai minimi dettagli, una varia umanità osservata con curiosità e rappresentata con disincantato ironico distacco. Nel settembre del 1955, solo poco tempo prima della morte dell'artista, viene pubblicata la nona edizione del volume di Fabio Tombari Il libro degli animali, arricchita da quattro nuovi disegni di Bucci [91]; sia le vecchie che le nuove tavole risultano stampate a colori, con una scelta che sortisce purtroppo l'effetto di banalizzare l'immagine.

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