L’interesse per le antichità romane sviluppatosi nel Rinascimento e lo “Speculum Romanae Magnificentiae” di Antonio Lafréry
Già a partire dal primo Quattrocento artisti e letterati si erano volti ad uno studio appassionato dell’antichità classica, ma è soprattutto a partire dalla metà circa del secolo che gli artisti, mediante disegni ancor oggi conservati in gran numero, sciolti o raccolti in Codici (si pensi per esempio al
Codex Escurialensis di fine Quattrocento), cominciarono a riprodurre con grande attenzione i monumenti antichi o ciò che restava di essi, spesso isolando dei particolari dal contesto originario per confrontarli con particolari di altri edifici e con le fonti antiche, innanzitutto con il
De Architectura di Vitruvio. Tali disegni erano eseguiti con criteri che si possono definire ormai scientifici e con lo scopo evidente di raccogliere materiale di studio da utilizzare per
l'elaborazione di forme architettoniche nuove, ancorché ispirate all'antico.
Nei primi due decenni del Cinquecento, in cui si moltiplicarono nuovi scavi e ritrovamenti e si formarono le prime collezioni private, un nuovo impulso allo studio archeologico fu dato a Roma da Raffaello. Per realizzare l'ambizioso progetto di una ricostruzione grafica di Roma antica, voluta da
papa Leone X
, ma rimasta incompiuta per la prematura morte dell’artista, il Sanzio eseguì numerosissimi disegni di monumenti, statue, bassorilievi (purtroppo quasi tutti oggi perduti) e a questo scopo si servì anche dell'opera di allievi e collaboratori. Egli avviò inoltre una fortunata impresa di produzione a stampa e vendita di incisioni tratte da propri disegni. Secondo la
testimonianza del Vasari (
Vite, V, pp. 411-414), Raffaello aveva assegnato a tre incisori,
Marcantonio Raimondi,
Agostino Veneziano e
Marco Dente, il compito di riprodurre a stampa alcuni suoi disegni, con l’intenzione di diffondere la conoscenza delle proprie opere. A Baviero dei Carrocci, detto Baviera, spettava poi di provvedere alla stampa e alla vendita dei fogli.
Anche successivamente alla morte di Raffaello gli intagliatori che gravitavano attorno alla sua bottega continuarono con successo quella che era diventata una vera e propria operazione commerciale, utilizzando per il loro lavoro sia disegni lasciati dal Sanzio, sia ben presto anche quelli di altri artisti.
Dopo il disastroso Sacco di Roma del 1527 e la morte o la diaspora della maggior parte degli incisori e degli stampatori presenti a quella data nell’Urbe, i rami superstiti furono raccolti dallo stampatore di origine spagnola
Antonio Salamanca (Misiti 1992, p. 552-553), che li rieditò e in seguito assoldò nuovi incisori dedicandosi a una produzione che dava ampio spazio alla riproduzione di antichità romane. La maggior parte delle sue stampe è datata tra il 1538 e il 1549.
Tale gusto archeologico si estese gradatamente dall’Italia a un più ampio contesto europeo e Roma divenne meta di artisti e stampatori provenienti da diversi paesi. Di pari passo si allargò anche l’ambito di fruizione, che passò da una ristretta cerchia di artisti, filologi, antiquari ad un circuito molto più vasto ed eterogeneo, non solo in termini geografici ma anche sociali. Roma era la meta non solo di uomini di cultura, ma anche di mercanti, turisti, pellegrini, credenti attratti dai luoghi sacri, e la maggior parte dei visitatori desiderava riportare in patria ricordi visibili dei monumenti osservati, aspirazione che veniva soddisfatta dalle stampe riproducenti le ammirate architetture, sculture e pitture e il cui principale interesse era dunque relativo al contenuto.
Nel 1553 il
Salamanca
si associò con un altro fortunato stampatore del tempo, il francese
Antonio Lafréry che, all’inizio in concorrenza con altri stampatori già presenti nell’Urbe come lo stesso Salamanca e in stretti rapporti commerciali con Venezia - l’altro grande centro del mercato della stampa in Italia - tra il 1544 e il 1577 seppe creare un vero e proprio impero editoriale di cui rimane testimonianza l’
Indice delle stampe in
vendita nella bottega di A. Lafreri, il primo catalogo noto riguardante il commercio calcografico, da lui pubblicato nel 1572 (o 1573). Vi sono elencati circa 500 pezzi in 5 sezioni (Geografia, Antichità romane, Mito e Storia antica, Sacro, Ritratti e libri), la seconda delle quali, intitolata
Tavola delle Antichità di Roma tanto di fabriche et edificii, quanto di Statue et altre cose, aggiuntovi gli edifici moderni più celebri, riveste particolare interesse quale punto di riferimento iniziale per quelle raccolte di stampe che presero il nome di
Speculum Romanae Magnificentiae. Esse furono corredate a partire dal 1575 circa da una
tavola-frontespizio attribuita a
Étienne
Dupérac e ampliate nel tempo mediante l’aggiunta di altre tavole il cui minimo comune denominatore appare quello di riprodurre opere antiche e moderne di Roma.
Le stampe raffigurano edifici, templi, archi trionfali, statue (situate sia in luoghi pubblici sia presso privati), sepolcri, colonne, obelischi, rappresentati nello stato in cui apparivano nel Cinquecento o ricostruiti più o meno verosimilmente dagli incisori che le hanno realizzate. L'intento documentaristico-didascalico di queste riproduzioni risulta evidente dalla frequente presenza di scritte esplicative o di dediche rivolte al “lettore”, al “fruitore” delle opere.
Il Lafréry vendeva, insieme alle incisioni da lui commissionate per la sua bottega a intagliatori diversi, anche stampe tirate da vecchi rami ritoccati e fogli acquistati da altri editori; da notare che le stampe riproducenti opere dell’antichità romana pubblicate dal Lafréry nei primi tempi della sua attività, tra il 1544 e il 1553, sono in gran parte una riproduzione di analoghi esemplari editi dal Salamanca (
Hülsen 1921, p. 124;
Deswarte-Rosa 1989, pp. 47-62).
Con gli eredi del Lafréry, che a loro volta commissionarono nuove opere, e in seguito con gli editori e stampatori che fino al XVIII secolo entrarono in possesso delle lastre cinquecentesche (non solo di quelle appartenute al Lafréry) rieditandole, le raccolte indicate con il nome di
Speculum Romanae Magnificentiae si arricchirono di contributi diversi. Non esistono due esemplari uguali di
Speculum, perché ognuno di essi contiene un numero differente di fogli e le stampe, non numerate, non sono mai presentate nello stesso ordine. Al livello attuale delle conoscenze, lo
Speculum può essere considerato una serie unitaria per tema, ma non per autori e neppure per epoca, serie ipotizzata per un costante incremento, le cui tavole venivano accorpate al frontespizio e forse anche rilegate al momento delle singole vendite (
Alberti 2010, p. 16 e nota 5).
La raccolta ha incontrato subito il favore del pubblico per il valore archeologico, contenutistico e documentario delle sue stampe, che hanno l’indubbio merito di aver contribuito a un’opera di diffusione capillare e di volgarizzazione della conoscenza del mondo antico e di aver fornito veri e propri modelli ad artisti di ogni paese. Essa è stata al centro dell’attenzione anche degli archeologi visto che alcune delle opere raffigurate sono in seguito andate perdute.
La presenza di numerosi esemplari di
Speculum conservate in raccolte di stampe e biblioteche europee e degli Stati Uniti conferma l’interesse che queste stampe hanno mantenuto nel tempo e l’ininterrotta fortuna di cui hanno goduto presso il collezionismo privato e pubblico (la più ampia collezione è quella della
University of Chicago Library, una raccolta di ben 994 stampe).
Questo materiale così vario e composito nel 1921 fu oggetto di un approfondito studio da parte dell’archeologo ed epigrafista tedesco
Christian Hülsen che dimorò a lungo nell’Urbe, dove ricoprì dal 1887 al 1908 la carica di primo segretario dell’Istituto archeologico germanico di Roma. Nel suo fondamentale contributo, a tutt’oggi considerato un riferimento imprescindibile per gli studiosi, egli esaminò e comparò tra loro oltre 30 esemplari di
Speculum di periodi diversi presenti in collezioni della Germania, della
Biblioteca Apostolica Vaticana, di Londra e di Vienna, approfondì gli aspetti dei successivi passaggi di proprietà dei rami e del progressivo arricchimento della raccolta e
compì il primo tentativo di identificare e separare i fogli pubblicati dal Lafréry e dai suoi successori dal lavoro di altri editori romani ed europei. Da citare anche il contributo di Marianne Fischer (1972), che costituisce un'aggiunta all'opera di Hülsen.
Le tavole relative allo "Speculum Romanae Magnificentiae" possedute dalla Civica Raccolta "Achille Bertarelli"
Le tavole della Raccolta "Achille Bertarelli" relative allo
Speculum Romanae Magnificentiæ non costituiscono un
corpus vero e proprio, non appartengono a un volume rilegato e non sono completate dal frontespizio attribuito a
Étienne Dupérac. Esse sono conservate come fogli singoli, la maggior parte dei quali è riunita in tre cartelle denominate Albo H 56-1, 2 e 3, mentre gli altri si trovano, distribuiti singolarmente o in piccoli gruppi, nell'Albo H 88, nelle sezioni "Piante e Vedute" (P.V), "Artistiche" (Art) e "Preziose artistiche" (Art. prez.).
Per quanto riguarda la formazione della raccolta, essa è stata iniziata a titolo privato da
Achille Bertarelli nei primi decenni del Novecento, quindi, dopo la fondazione nel 1927 del
Civico Gabinetto di Stampe formatosi grazie alla sua generosità, è stata ampliata nel tempo tramite sia donazioni sia acquisti operati dai vari Conservatori succedutisi alla guida dell'Istituzione.
Le tre cartelle dell'Albo H 56 comprendono centocinquantuno tavole acquistate singolarmente o a piccoli gruppi. Il primo foglio relativo allo
Speculum, donato nel novembre 1927 da Bertarelli al neonato Gabinetto (inv. n. 12), è la tavola 39 dell'
Albo H 56-1 (
Terme di Diocleziano e Massimiano, Duchet, 1582), acquistata presso una libreria antiquaria romana. In seguito, tra il 1927 e il 1938, anno della sua morte, Bertarelli continuò a far confluire nel Gabinetto stampe da lui acquistate nel corso dei suoi viaggi in Italia e all'estero, riconoscibili per l'apposizione sui fogli del timbro AB. Sul verso della
tavola 1 (
Colonna
Traiana del Lafreri, 1544, in un raro stato
antelitteram) si leggono la data 1852 e una firma che sembra appartenere allo scultore francese Ernest-Théophile Devaulx (Lugt 1921, n. 670); la
tavola 100 dell'Albo H 56-2 (
Palazzo Farnese II di
Nicolas Beatrizet, 1549) mostra apposto sul verso un timbro riferibile al conte Harrach di Vienna (Lugt 1921, n. 1282). Anche su alcuni altri fogli sono apposte scritte a penna o a matita in lingua francese o inglese, tuttavia non è stato possibile risalire in modo più preciso alla loro provenienza. Dono di Bertarelli sono anche alcune tavole lafreriane in tiratura moderna della Calcografia
Camerale e della Regia Calcografia.
Nel 1939, poco dopo la morte di Achille Bertarelli, veniva pubblicato il catalogo intitolato
Piante e vedute di Roma e del Lazio conservate nella Raccolta delle Stampe e dei Disegni del Castello Sforzesco, curato dallo stesso Bertarelli assieme a Paolo Arrigoni, primo conservatore della Raccolta. In questo volume l'Albo H 56-1, 2, 3 risulta intitolato nel modo seguente:
Raccolta di vedute di edifici e di statue di Roma pubblicate da Lafrery, Salamanca, Nobili, Barlacchi, Tramezzino, Lucchini, Cartaro, Du Perac, Duchetto, Marco Re (in realtà Sebastiano Di Re),
Graziani, Van Schoel ecc, Roma 1544-c.1600, e in esso si trovano menzionate quasi tutte le tavole dall'1 alla 97: mancano le tavv. 13 , 59, 76, 87-93, probabilmente inserite in un momento successivo come tutte quelle dal 98 al
151. Dai registri di carico infatti risultano essere stati effettuati da parte dei conservatori della Raccolta acquisti talvolta anche di una discreta entità, prevalentemente presso librerie antiquarie milanesi, negli anni 1955, 1958, 1959, 1964, 1966, 1973. Per quanto concerne i criteri della distribuzione delle tavole, si osserva che l'albo H 56-1 raccoglie, tranne poche eccezioni, soggetti di carattere architettonico, l'albo H 56-2 inizialmente comprende soggetti tratti da opere scultoree, mentre in seguito si alternano soggetti diversi, cosa che vale anche per l'Albo H 56-3. Nell'Albo H 56-2 risultano inserite alcune tavole non riferibili allo
Speculum, il cui esame è stato omesso nel presente lavoro: la
tav. 76,
Cerere muta Ascalafo in civetta, di E. Vico; le
tavv.
87-
93, spezzatura d'
après il
Giudizio Universale di Michelangelo di Nicolas Beatrizet più due fogli di
Giorgio Ghisi d'
après il medesimo
Giudizio; la
tav. 95,
Due putti scherzano con una scimmia, del
Maestro
del Dado. Si è ritenuto opportuno invece analizzare tre tavole non citate né da Hülsen né da Fischer, ma che riteniamo strettamente collegate ai contenuti dello
Speculum: la
tav. 29,
Chiesa del Gesù (facciata), di M. Cartaro; le tavv. 62-63,
Colonna di Arcadio (basamento) e
Colonna di Traiano (basamento).
L'Albo H 88, in cui sono inserite sei tavole relative allo
Speculum, proviene dalle
Raccolte Trivulziane, le cui incisioni confluirono nella Civica Raccolta Bertarelli in due momenti successivi e distinti, nel 1935 e nel 1943. I fogli sono raccolti sotto il titolo
Miscellanea di incisioni e serie di incisioni per lo più con vedute di Roma, catafalchi per solenni esequie ed archi ivi eretti, fine sec. XVI e princ. sec. seguente e all'inizio si trova un foglio applicato su un supporto cartaceo, sul quale si leggono le seguenti note manoscritte con inchiostro di colore diverso: "Ricch.° Ing" e "Volume miscellaneo appartenuto/all'arch. Ricchino, proveniente/dalle Racc. Trivulziane".
Nel 1939 (inv. n. 1644) è pervenuta alla Raccolta come donazione privata la stampa
Scena di sacrificio dalla Colonna di Marcaurelio, dono della vedova del critico d'arte Giacomo Francesco Guarnati. Nel 1994 si è aggiunto il foglio l'
Arco di Tito nell'edizione del Salamanca, una delle molte incisioni che lo storico dell'arte e collezionista
Lamberto Vitali aveva destinato con lascito testamentario alla Raccolta Bertarelli (
G. Mori 1998, p. 226).
Le stampe raffigurano templi, archi trionfali, sepolcri, colonne, obelischi, statue della Roma antica, ma anche insigni opere della Roma moderna realizzate su progetto di Michelangelo, Antonio da Sangallo, Raffaello, Bramante. Accade che uno stesso soggetto sia presente in due o più esemplari: a volte si tratta di doppioni oppure di tirature successive, mentre in altri casi le opere si differenziano in quanto copie eseguite e tirate da autori e stampatori diversi. Lo stato di conservazione è generalmente buono, anche se molti fogli sono smarginati oltre la battuta e qualcuno è tagliato in modo tale da non permettere una sicura identificazione dello stato, oppure alterato, per esempio mediante l'applicazione di un frammento cartaceo a coprire le nudità di una statua. Vi sono numerosi esemplari in cui è visibile la filigrana, altri invece sono controfondati o incollati su un sostegno cartaceo.
Per quanto concerne gli autori delle tavole, si rileva che accanto a numerose stampe anonime vi sono fogli firmati da incisori di origine diversa, attivi a Roma nel secolo XVI:
Marco Dente, il
Maestro del Dado, Nicolas Béatrizet,
Enea Vico,
Diana Scultori, Ètienne Dupérac,
Cornelis Bos, Jacob Bos,
Ambrogio Brambilla, Léon Davent, Peter Perret. La maggior parte degli esemplari in tiratura coeva reca l'indirizzo
di
Antonio Lafréry o quello del suo successore
Claude Duchet; altri fogli hanno l'
excudit di
Antonio Salamanca, di
Tommaso Barlacchi,
Michele Tramezzino,
Vincenzo Luchino, Ferrando
Bertelli,
Bolognino Zaltieri, Sebastiano Di Re,
Christophe Plantin, mentre altri sono privi di indirizzo.
Gli esemplari in tirature posteriori sono databili tra il tardo cinquecento e il settecento: vi si leggono gli indirizzi di Paolo Graziano,
Pietro De Nobili,
Pietro Paolo Palombo,
Nicola Van Aelst, Tommaso Moneta, Gaspare Alberto, Marcello Clodio,
Giovanni Orlandi,
Hendrik Van Schoel, dei
De Rossi attivi in piazza Navona e di quelli operanti presso la
chiesa di S. Maria della Pace, in qualche caso compare il timbro a secco della Calcografia Camerale o della Regia Calcografia. Da segnalare che talvolta si è in presenza di stati non menzionati da Hülsen, che rivestono quindi particolare interesse per la documentazione dei successivi passaggi delle lastre attraverso le mani dei diversi stampatori e editori.
Indagine sulle tavole, elencate e raggruppate per soggetti ordinati alfabeticamente
All'interno di ciascun soggetto vengono messe a confronto le diverse tirature e le copie. Dove la leggibilità lo consente sono state riportate anche le filigrane.
Albero genealogico dei primi dodici imperatori

L’incisione rappresenta, entro medaglioni collocati lungo un asse verticale centrale, i ritratti dei primi imperatori romani dal Divo Giulio Cesare a Domiziano, accompagnati ai due lati da altre medaglie con ritratti e da indicazioni scritte di consanguinei e di parenti per via di matrimonio.
Albo H 56-2, tav. 125
La tavola, incisa da Enea Vico (Bartsch XV, 1867, p. 340, n. 256) e priva di indirizzo, risulta dalla giustapposizione di due fogli.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 160, n. 87 a; Bianchi 2006, p. 59.
Anfiteatro castrense

L’incisione raffigura, secondo una ricostruzione ideale in veduta prospettica con spaccato, l’Anfiteatro di età severiana facente parte di una villa imperiale situata tra l’Esquilino e il Celio, su parte della quale venne poi edificata la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. La struttura in opera laterizia presentava tre ordini, ovvero due piani di arcate e un attico. Nella costruzione delle Mura Aureliane fu inclusa nel percorso della cinta muraria, ma fino alla metà del XVI secolo conservava ancora resti dei due ordini superiori, poi abbattuti per volere di papa Paolo IV nel 1556-1557.
Albo H 56-1, tav. 48
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1560 (davanti alla L si nota una X abrasa).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 146, n. 20 a.; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 38, n.335; Corsi-Ragionieri 2004, p. 34, n. 22; Bianchi 2006, p. 52.
Apollo del Belvedere

L’incisione raffigura la statua marmorea di epoca imperiale romana, derivata da un originale bronzeo di Leochares, che inizialmente faceva parte della collezione posseduta dal cardinale Giuliano della Rovere nel suo palazzo a Santi Apostoli. Quando divenne papa con il nome di Giulio II, la scultura fu trasferita in Vaticano, dove è attestata almeno fin dal 1508, e collocata entro una nicchia nel cortile ottagonale del Belvedere, progettato dal Bramante agli inizi del Cinquecento per ospitare la celebre collezione di sculture antiche del papa.
Albo H 56-2, tav. 114
La tavola, anonima, è copia di un’incisione di Marcantonio Raimondi (Bartsch XIV, 1867, n. 330, 331), l’iscrizione nel margine inferiore reca al termine l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1552.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: pavone inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 154, n. 57 a; Bianchi 2006, p. 58.
Arco di Costantino

L’incisione riproduce il monumento dedicato nel 315 d.C. in onore dei decennalia di Costantino e della vittoria su Massenzio del 312 d.C. Il grandioso arco a tre fornici è decorato da un ricco ed eterogeneo apparato scultoreo che va dall’età di Traiano a quella di Costantino.
Il prototipo in stampa di questo soggetto è un’incisione attribuita ad Agostino Veneziano (Bartsch XIV, 1867, p. 285, n. 537) e pubblicata con la scritta «ANT. SALAMANCA. EXCUDEBAT A.V.» prima del 1536, perché le statue dell’attico mostrano ancora teste e braccia. In quell’anno infatti, secondo la testimonianza del Varchi (
Storia Fiorentina, ed. 1721, libro XV, p. 588), Lorenzino de’ Medici danneggiò le statue dell’attico mutilandole delle teste e degli arti superiori e così esse appaiono nelle stampe di epoca successiva.
P.V. m. 17-67
La tavola, anonima, raffigura la facciata settentrionale dell'arco ed è stata edita dal Salamanca senza data, ma posteriormente al 1536, come si evince dal fatto che le statue dell’attico sono mutile delle teste e degli arti superiori (questa versione non è citata da Hülsen).
Questa tavola in primo stato recava in basso a destra l'indirizzo del Salamanca «A.S. Excudebat» (un esempio a Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, inv. q.III.39.18) che è stato in seguito abraso (ne rimane traccia) e sostituito in basso a sinistra da quello di Nicola Van Aelst (Bianchi 2004, 57, p. 9, D 31, copia A). Nell’esemplare in esame si legge ora in basso a sinistra l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace al posto di quello di Van Aelst, anch’esso abraso.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e a destra il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 15; Bianchi 1981, p. 139; Deswarte-Rosa 1989, p. 50; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 31, copia A; Bianchi 2006, p. 62.
Albo H 56-3, tav. 151
Questa tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Indice De Rossi 1677, p. 9, n. 13; Gori Gandellini 1771, I, p. 80; Heinecken 1788, II, p. 279, n. 281; Nagler,
Mon ., IV, 1879, p. 733, n. 25), reca l’indirizzo del Lafréry, senza data, ed è copia nello stesso verso della stampa del Salamanca (P.V. m. 17-67). In questo esemplare, oltre a quello del Lafréry, si legge anche l’indirizzo di Pietro De Nobili (non noto a Hülsen). Le righe dell’iscrizione nell’attico sono di eguale lunghezza e alla quinta riga si legge «TYRANNO».
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano) e nel margine inferiore una scritta in francese su tre righe, in corsivo, a penna e inchiostro seppia. Dai Registri di carico (inv. n. 5603) risulta che è stato acquistato il 20 settembre 1973 presso Chiara Brambilla, via Beretta 6, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile iscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 15 a; Fischer 1972, p. 11, H 15 a-; Deswarte-Rosa 1989, pp. 50-51; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 31; Corsi-Ragionieri 2004, p. 44, n. 32; Bianchi 2006, p. 61.
Albo H 56-1, tav. 54
Questo esemplare è stato ritagliato lungo il contorno dell’architettura e del pavimento a scacchi (è stata di conseguenza asportata ogni scritta, tuttavia l’esame dei particolari fa ritenere che si tratti di un foglio edito dal Lafréry) ed è incollato su un supporto cartaceo usato anche al fine di sostituire i margini tagliati.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 15; Arrigoni-Bertarelli 1939, p.40, n.365; Fischer 1972, p. 11, H 15 a-; Bianchi 1981, p. 138; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 31; Bianchi 2006, p.53.
Albo H 56-3, tav. 130
La tavola deriva da una nuova lastra fatta eseguire nel 1583 da Claude Duchet e reca l’indirizzo di quest’ultimo e quello di Giovanni Orlandi, 1602.
L’iscrizione nell’attico mostra alcune differenze con l’opera del Lafréry: la lunghezza delle righe è diversa e alla quinta riga si legge «TYRANNO».
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 15 d; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 31, copia C; Bianchi 2006, p. 59.
L’incisione riproduce l’arco che, edificato da Augusto sul luogo della Porta Esquilina delle Mura Serviane, fu poi dedicato all'imperatore Gallieno e a sua moglie Salonina da un semplice cittadino (M. Aurelius Victor) nel 262 d.C., come riporta l'iscrizione nella cornice. Realizzato in travertino, dalle linee molto semplici e fiancheggiato da pilastri angolari corinzi, inizialmente doveva presentare tre fornici.
Albo H 56-1, tav. 22
La tavola, anonima, è priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 14; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 46, n. 417; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-1, tav. 53
La tavola, anonima, è priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 14; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 46, n. 417; Bianchi 2006, p. 53.
Arco di Settimio Severo

L’arco a tre fornici, eretto nel Foro Romano tra i Rostri e la Curia nel 203 d.C., celebra le campagne di Settimio Severo contro i Parti, come testimoniano i grandi pannelli sopra i fornici minori.
Albo H 56-2, tav. 120
La tavola reca in basso a destra l’indirizzo del Lafréry e la data 1547, in basso a sinistra quello di Pietro De Nobili (non noto a Hülsen). Secondo Hülsen questa tavola è copia di un’incisione anonima stampata da Antonio Salamanca.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano) e nel margine inferiore si legge una scritta in francese su due righe, in corsivo, a penna e inchiostro seppia. Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, iscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 13 A a; Corsi-Ragionieri 2004, p. 43, n. 31; Bianchi 2006, p. 58.
Arco di Tito Vespasiano

L’incisione riproduce l’Arco di Trionfo a un solo fornice, posto sulle pendici settentrionali del Palatino nella parte occidentale del Foro romano, che venne costruito dal Senato in memoria di questo imperatore dopo la sua morte, avvenuta nell'81 d.C. La decorazione più importante è quella posta all'interno dell’arco, dove si trovano due bassorilievi che ricordano la conquista di Gerusalemme da parte di Tito.
Art. g. 29-10
La tavola, anonima, reca in basso a destra l’indirizzo di Antonio Salamanca (A.S.Excud), senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Esso appartiene al fondo di centonovanta incisioni che il collezionista e critico d’arte Lamberto Vitali aveva destinato con lascito testamentario alla Raccolta Bertarelli (Fondo Vitali 12070/75) e che giunsero a destinazione il 15 giugno 1994 (Mori 1998, p. 226).
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 12 d; Bianchi 2006, p. 63
Albo H 56-1, tav. 6
La tavola, anonima, è copia di quella del Salamanca (Art. g. 29/10) e reca in basso a destra l’indirizzo del Lafréry con la data 1548.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 12 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 52, n. 488; Fischer 1972, p. 11, H 12 a-; Corsi-Ragionieri 2004, p. 42, n. 30; Bianchi 2006, p. 48.
Albo H 56-2, tav. 85
La tavola, anonima, è copia di quella del Salamanca (Art. g. 29-10) e reca in basso a destra l’indirizzo del Lafréry con la data 1548.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e nel margine superiore mostra una scritta a mano in francese, in inchiostro seppia.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 12 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 52, n. 488; Fischer 1972, p. 11, H 12 a-; Corsi-Ragionieri 2004, p. 42, n. 30; Bianchi 2006, p. 56.
Aristotele (busto)

L’incisione raffigura il supposto ritratto del filosofo greco Aristotele, a mezzo busto di profilo verso destra ed è copia in controparte di un’incisione di Enea Vico (Bartsch XV, 1867, p. 383, n. 253). Non è noto il prototipo da cui deriva.
Albo H 56-3, tav. 143
La tavola, anonima, reca sul piedestallo la data 1553 e l’indirizzo di Antonio Lafréry, che la elencava nell’ultima parte del suo
Indice delle stampe in vendita..., nella sezione “Effigie diverse”.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4508) risulta che questo foglio è stato acquistato nell’ottobre del 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via Montebello 30, Milano.
Filigrana: figura umana (pellegrino ?) iscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 140 a; Bianchi 2006, p. 61.
Basilica di San Pietro in Vaticano (prospetto-facciata di Antonio da Sangallo il Giovane)

L’incisione riproduce il prospetto della facciata secondo il progetto di Antonio da Sangallo il Giovane. Tra il 1546, anno della morte di questo architetto, e il 1549 furono edite dal Salamanca cinque incisioni raffiguranti rispettivamente: due versioni del prospetto della facciata, il prospetto della sezione longitudinale, il prospetto esterno settentrionale e la pianta della Basilica.
Le stampe si basavano sia sul modello ligneo approntato da Antonio Labacco, aiutante di Sangallo, sia probabilmente su disegni relativi al modello, forse dello stesso Labacco (Thoenes 1994, p. 646, n. 370).
Albo H 56-1, tav. 23
La tavola, attribuita dubitativamente a Mario Labacco (Witcombe 2004, p. 262) e edita da Antonio Salamanca nel 1549, raffigura la seconda versione del prospetto della facciata della Basilica secondo il progetto del Sangallo (Thoenes 1994, p. 647, n. 370 d).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in due cerchi concentrici.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 380, n. 3774; Fischer 1972, p. 15, H 144 a +; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-1, tav. 24
La tavola, attribuita dubitativamente a Mario Labacco (Witcombe 2004, p. 262) e edita da Antonio Salamanca nel 1549, raffigura la seconda versione del prospetto della facciata della Basilica secondo il progetto del Sangallo (Thoenes 1994, p. 647, n. 370 d).
Il foglio, in tiratura moderna, ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e nell’angolo inferiore destro il timbro a secco della Regia Calcografia di Roma.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 380, n. 3774; Fischer 1972, p. 15, H 144 a +; Bianchi 2006, p. 50.
Basilica di San Pietro in Vaticano (pianta)

Nel 1546, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo Buonarroti lo sostituì nella direzione della fabbrica di San Pietro decidendo di accantonare il progetto del predecessore e ritornando alla prima idea bramantesca di un tempio a pianta centrale. Tra il 1569 e il 1570 Étienne Dupérac incise e pubblicò tre tavole raffiguranti rispettivamente: la pianta, il prospetto della facciata e la sezione della Basilica secondo il progetto di Michelangelo.
Albo H 56-2, tav. 82
La tavola riproduce la pianta della Basilica ed è stata incisa e edita da Étienne Dupérac nel 1569.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: tre gigli iscritti in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 95 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 379, n. 3766; Millon-Smyth 1994, p. 664, n. 395; Bianchi 2006, p. 55.
Basilica di San Pietro in Vaticano (prospetto-facciata di Michelangelo)

Nel 1546, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo Buonarroti lo sostituì nella direzione della fabbrica di San Pietro decidendo di accantonare il progetto del predecessore e ritornando alla prima idea bramantesca di un tempio a pianta centrale. Tra il 1569 e il 1570 Étienne Dupérac incise e pubblicò tre tavole raffiguranti rispettivamente: la pianta, il prospetto della facciata e la sezione della Basilica secondo il progetto di Michelangelo.
Albo H 56-2, tav. 96
La tavola riproduce il prospetto della facciata secondo il progetto di Michelangelo e rispecchia sostanzialmente il grande modello ligneo del tamburo e della cupola realizzati sotto la sua direzione tra il 1558 e il 1561. É stata incisa da Étienne Dupérac intorno al 1569-1570.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano).
Filigrana: scudo capriolato a due pezze su un lupo iscritto in un cerchio sormontato da una corona.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 93 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 380, n. 3776; Millon-Smyth 1994, p. 663-664, n. 394; Bianchi 2006, p. 56.
Albo H 56-2, tav. 83
La tavola riproduce il prospetto della facciata secondo il progetto di Michelangelo e rispecchia sostanzialmente il grande modello ligneo del tamburo e della cupola realizzati sotto la sua direzione tra il 1558 e il 1561. É stata incisa ed edita da Étienne Dupérac intorno al 1569-1570 e mostra in alto a destra anche gli indirizzi di Paolo Graziano, 1582, e di Pietro De Nobili, 1585 (non noti a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli), inferiormente sul supporto cartaceo si leggono «1926» e un’altra nota manoscritta.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 93 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 380, n. 3776; Millon-Smyth 1994, p. 663-664, n. 394; Bianchi 2006, p. 55.
Basilica di San Pietro in Vaticano (sezione)

Nel 1546, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo Buonarroti lo sostituì nella direzione della fabbrica di San Pietro decidendo di accantonare il progetto del predecessore e ritornando alla prima idea bramantesca di un tempio a pianta centrale. Tra il 1569 e il 1570 Étienne Dupérac incise e pubblicò tre tavole raffiguranti rispettivamente: la pianta, il prospetto della facciata e la sezione della Basilica secondo il progetto di Michelangelo.
Albo H 56-1, tav. 30
La tavola riproduce la sezione della Basilica secondo il progetto di Michelangelo ed è stata incisa da Étienne Dupérac intorno al 1569-1570.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 94 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 387, n. 3835; Millon-Smyth 1994, p. 663-664, n. 394; Bianchi 2006, p. 50.
Basilica di San Pietro in Vaticano (prospetto abside)

L’incisione riproduce il prospetto dell’abside del transetto meridionale secondo il progetto di Michelangelo Buonarroti.
Albo H 56-1, tav. 28
La tavola, anonima, è stata edita nel 1564 da Vincenzo Luchino, attivo tra Roma e Venezia, e reca anche l’indirizzo di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli), nel margine inferiore si legge una nota manoscritta a penna e altre annotazioni a penna sono visibili nell'inciso.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 96 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 380, n. 3775; Millon-Smyth 1994, p. 652, n. 373; Bianchi 2006, p. 50.
Basilica di San Pietro in Vaticano (armature volta)

L’incisione riproduce le armature usate da Antonio da Sangallo e da Michelangelo per la costruzione delle volte della Basilica di San Pietro.
Albo H 56-1, tav. 14
La tavola, incisa da Jacob Bos, reca in basso a sinistra l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1561 e in basso al centro l’indirizzo di Hendrik Van Schoel (non noto a Hülsen) inciso sopra quello malamente abraso di Giovanni Orlandi (di cui si distingue ancora la data 1602). In calce all’immagine una campionatura di misure antiche e moderne (piede romano, piede greco, palmo degli architetti, canna dei mercanti, braccio dei mercanti).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 161, n. 97; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 393, n. 3894; Corsi-Ragionieri 2004, p. 66, n. 52; Bianchi 2006, p. 49.
Bassorilievo dall’Arco di Costantino o Romani contro Daci

L’incisione riproduce con alcune varianti una sezione del fregio del perduto Arco di Traiano, ora collocato sul lato orientale dell’attico dell’Arco di Costantino. La scena si riferisce alla campagna condotta da Traiano per la conquista della Dacia.
Albo H 56-3, tav. 137
La tavola è siglata da Nicolas Béatrizet ed è stata edita da Antonio Lafréry nel 1553.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via Montebello 30, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 16 a; Bianchi 1981, p. 100; Bianchi 2003, 56, p. 5, n. 102; Bianchi 2006, p. 60.
Bassorilievo dall’Arco di Costantino o Pugna dacica

L’incisione riproduce una sezione del fregio del perduto Arco di Traiano, ora collocato sul lato orientale dell’attico dell’Arco di Costantino. La scena si riferisce alla campagna condotta da Traiano per la conquista della Dacia.
Albo H 56-2, tav. 118
La tavola, anonima e priva di indirizzo, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Heinecken II, 1788, p. 280; Linzeler I, 1932, p. 95), è copia di una stampa di Marco Dente (Bartsch XIV, 1867, p. 167, n. 206).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile iscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 17 a; Bianchi 2004, 57, F 11, n. 102; Bianchi 2006, p. 58.
Bassorilievo di Mitra

La tavola è detta anche "di erudizione" perché Mitra è presentato come il modello degli agricoltori e la mitologia diviene moralizzante: la virtù dell'uomo e delle bestie aiuterà tutta la natura a produrre. L’incisione raffigurerebbe, riuniti insieme, quattro diversi bassorilievi provenienti dal Celio, che si trovavano nel 1562 nella collezione di Ascanio Magarozzi, nel 1564 nella casa di Ottaviano Zeno e in seguito nella Villa Borghese. Attualmente i due frammenti di sinistra con i dorifori sono conservati al Louvre di Parigi, la scena principale con il sacrificio rituale si troverebbe nel Museo d'Archeologia e di Etnologia dell'Università di San Paolo in Brasile, mentre la parte superiore con il Sole e la Luna non è stata localizzata (Vermaseren 1978, pp. 7,13,18, tavv. XII, XIX-XXIV). Nel
Codex Pighianus di Berlino si conserva un disegno relativo a questo bassorilievo (Vermaseren
1978, pp. 7, 62, tav. XI).
Albo H 56-2, tav. 67
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1564.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 156, n. 66 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3193; Corsi-Ragionieri 2004, p. 25, n. 13; Bianchi 2006, p. 54.
Battaglia navale o Naumachia

L’incisione riproduce un modello originale variamente attribuito a Giulio Romano (Bartsch XV, 1867 p. 228, n. 78; D’Amico 1980, p. 44, n. 162) o a Polidoro da Caravaggio (D’Amico 1980, p. 44, n. 160; Grelle Iusco 1996, pp. 274, 462 (p. 67 c. 2). Passavant (VI, 1864, p. 101, n. 78) suggerisce che il soggetto possa essere interpretato come
Ratto di Elena.
Albo H 56-2, tav. 108
La tavola è siglata dal Maestro del Dado (forse Bernardo Daddi) ed è stata edita da Antonio Lafréry, senza data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 159, n. 80 a; Bianchi 2006, p. 57.
Battaglia navale o Naumachia

Come testimoniato dall’iscrizione l’incisione rappresenta, in una ricostruzione ideale basata sulla testimonianza di monete e rilievi antichi, una battaglia navale all’interno di un anfiteatro.
Albo H 56-3, tav. 133
La tavola, attribuita a Étienne Dupérac (Robert-Dumesnil VIII, 1850, p. 102, n. 45), reca l’indirizzo di Claude Duchet e quello di Giovanni Orlandi, 1602 (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4067) risulta che questo foglio è stato acquistato il 5 giugno 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: stemma vescovile o cardinalizio (?)
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 26; Bianchi 2006, p. 60.
Battistero Lateranense o di Costantino

L’incisione riproduce lo spaccato prospettico dell’edificio ottagonale di San Giovanni in Fonte, attiguo alla Basilica Lateranense. Esso fu fondato da papa Sisto III nel secolo V su vestigia costantiniane del secolo IV e una leggenda dice che qui fosse stato battezzato Costantino.
Albo H 56-1, tav. 20
Questa tavola, edita dal Lafréry e priva di data, è concordemente attribuita dai catalogatori a Nicolas Béatrizet.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: pellegrino recante una banderuola inscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 11 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 100, n. 976; Bianchi 2003, 56, p. 9, n. 113; Bianchi 2006, p. 49.
Calendario antico

I calendari romani, per lo più incisi su lastre marmoree, ci sono pervenuti in condizioni più o meno frammentarie e sono successivi alla riforma di Giulio Cesare del 46 a.C. con la quale l’anno venne diviso in dodici mesi. Essi dipendevano da un esemplare “ufficiale”, erano esposti sia a Roma che in altre città e indicavano, oltre ai giorni dell’anno, le numerose festività in onore delle divinità o dei membri della famiglia imperiale. Questa incisione riproduce i frammenti denominati Fasti Maffeiani, rinvenuti a Roma nel 1547, già di proprietà del vescovo Girolamo Maffei e attualmente conservati nei Musei Capitolini.
Albo H 56-2, tav. 115
La tavola è anonima, priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 45 a; Bianchi 2006, p. 58.
Albo H 56-2, tav. 116
La tavola è copia della tav. 115 ed è dedicata a tutti gli studiosi di antichità da Benedetto Arias Montano, cappellano di Filippo II, erudito e bibliofilo, che partecipò come teologo al Concilio di Trento. Egli fu anche amico dell’editore e stampatore Christophe Plantin che pubblicò questa tavola ad Anversa nel 1574.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: uva.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 45 a; Bianchi 2006, p. 58.
Campidoglio antico

L’incisione raffigura la piazza del Campidoglio prima che fossero terminati i lavori di sistemazione progettati da Michelangelo. A destra si vede il Palazzo dei Conservatori, la cui facciata quattrocentesca è stata demolita nel 1563, al fondo vi è il medioevale Palazzo Senatorio davanti al quale è già stata costruita la scalinata michelangiolesca. Al centro della piazza si trova la statua equestre di Marco Aurelio e risulta terminato il giro ovale dei gradini eseguiti non oltre il 1561.
Albo H 56-1, tav. 45
La tavola, anonima, è priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 160, n. 90 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 60, n. 582; Bianchi 2004, 57, p. 12, F 12; Corsi-Ragionieri 2004, p. 57, n. 43; Bianchi 2006, p. 52.
Campidoglio su progetto michelangiolesco

L’incisione raffigura la sistemazione della piazza del Campidoglio secondo il progetto michelangiolesco, che ridisegnò la facciata del Palazzo dei Senatori progettando una doppia scalinata monumentale ai lati del nuovo ingresso, non più rivolto verso i fori, ormai in stato di abbandono, ma verso la piazza e i rioni rinascimentali che in quegli anni divennero il centro della vita sociale di Roma. La facciata del Palazzo dei Conservatori fu trasformata in un grande schema di pilastri colossali di stile corinzio su delle basi grandissime, unificando i piani superiori e inferiori; per bilanciare il Palazzo dei Conservatori e chiudere ufficialmente lo spazio trapezoidale al centro del Colle Capitolino con lo stesso stile architettonico, Michelangelo disegnò un edificio simile dall’altra parte della piazza.
Albo H 56-1, tav. 64
La tavola è stata incisa e edita da Étienne Dupérac nel 1569.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 160, n. 91 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 60, n. 582; Bianchi 2006, p. 54.
Cani (statue)

L’incisione riproduce le statue di due cani molossi, copie in marmo di originali in bronzo di età ellenistica, conservate secondo Hülsen agli Uffizi di Firenze. Come testimonia l’iscrizione in alto a sinistra, le due statue furono rinvenute casualmente nei pressi del Tevere nel 1558 e si trovavano all’epoca nella collezione del cardinale Vitellio.
Albo H 56-3, tav. 127
La tavola, incisa da Sebastiano Di Re e datata 1560, reca gli indirizzi di Ippolito Salviani (in Aedibus Saluanis), di Pietro Paolo Palombo e di Gaspare Alberto attivi a Roma nella seconda metà del XVI secolo.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4088) risulta che questo foglio è stato acquistato il 2 luglio 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: corona sormontata da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 169, n. 155 b; Alberti 2005, 63, p. 10, n. 9; Bianchi 2006, p. 59.
Canopo egiziano
L’incisione raffigura un canòpo, urna funeraria egiziana caratterizzata dalla parte superiore in forma di testa umana, il cui corpo a forma di vaso è ricoperto di geroglifici. Canopo era anche il nome di un’antica città nel delta occidentale del Nilo che fu dato dall’imperatore Adriano, in ricordo dei suoi viaggi in Egitto, a una parte della sua villa presso Tivoli ove furono rinvenute numerose antichità egizie, originali e in copia, confluite nel Museo Vaticano Egizio e nel Museo Capitolino. Tirature tarde di questa stampa recano in basso la scritta: «Romae in Capitolio».
Albo H 56-3, tav. 144
La tavola, attribuita a Étienne Dupérac (Robert-Dumesnil, VIII, 1850, p. 102, n. 47), reca gli indirizzi di Claude Duchet, privo di data, e di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4528) risulta che questo foglio è stato acquistato il 29 novembre 1966 presso la Libreria Il Polifilo, Via Borgonuovo 3, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 165, n. 125 c; Bianchi 2006, p. 61.
Castel Sant’Angelo

L’incisione raffigura l’imponente costruzione, voluta dall’imperatore Adriano come tomba per se stesso e per i suoi successori a imitazione del Mausoleo di Augusto, collegata al Campo Marzio dal Ponte Elio (oggi Ponte Sant’Angelo). Nel secolo III d.C. Aureliano fece del mausoleo imperiale un avamposto fortificato e già a partire dal secolo X esso fu trasformato in castello.
Albo H 56-1, tav. 55
La tavola, anonima e priva di data, è stata edita da Antonio Salamanca (A. S. Excudebat).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: ancora iscritta in un cerchio sormontata da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 168, n. 148 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 74, n. 698; Bianchi 2003, 56, p. 9, n. 110, copia B; Bianchi 2006, p. 53.
Castro Pretorio

L’incisione raffigura, nella loro ricostruzione ideale, a sinistra la pianta e a destra il prospetto della caserma fatta edificare fra il 21 e il 23 d.C. da Tiberio tra le antiche via Nomentana e Tiburtina per concentrarvi la guardia permanente dell’imperatore.
Albo H 56-1, tav. 36
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla e stampata da Claude Duchet nel 1581, è copia nello stesso verso di un’incisione edita nel 1553 a Venezia da Michele Tramezzino.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: incudine (?) inscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 35 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 79, n. 743; Bianchi 2006 p. 51.
Chiesa del Gesù (facciata)

L’incisione raffigura il progetto definitivo per la facciata della chiesa del Gesù elaborato da Jacopo Barozzi detto il Vignola. L’edificazione della Chiesa del Gesù, la chiesa madre dell’ordine dei Gesuiti, legata alla figura di Ignazio di Loyola, iniziò nel 1568 col finanziamento del cardinale Alessandro Farnese e introduce lo stile barocco in architettura. Dopo la morte del Vignola nel 1573, per la costruzione della facciata fu preferito il progetto di Giacomo della Porta.
Albo H 56-1, tav. 29
La tavola è stata incisa da Mario Cartaro nel 1573.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen non elenca questa stampa tra quelle facenti parte dello Speculum Romanae Magnificentiae del Lafréry; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 96, n. 935; Cattaneo 2000, 42, p. 6, n. 50.
Circo Flaminio

L’incisione raffigura il circo Flaminio, di cui attualmente non restano tracce visibili, nella sua ricostruzione ideale. Secondo lo storico Festo esso fu fondato nel Campo Marzio nel 221 a.C. ad opera del console Caio Flaminio Nepote ed era destinato alla celebrazione dei Ludi Plebei e Taurii, faceva parte dell'itinerario del corteo trionfale, vi si esponevano i trofei di guerra e si tenevano gli elogi funebri, si distribuivano premi ai soldati e ai vincitori delle gare teatrali ed atletiche. L'area venne abbandonata verso la fine del IV secolo d.C.
P.V. m. 19-17
La tavola, anonima, è copia in controparte dell’incisione realizzata nel 1552 da Nicolas Béatrizet su disegno di Pirro Ligorio per Michele Tramezzino e reca in basso a destra l’indirizzo dello stampatore veneziano Bolognino Zaltieri (attivo 1555-1576).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e sul cartoncino di supporto è apposto il timbro: «DALLE RACCOLTE TRIVULZIANE 1935».
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 34 e; Bianchi 2003, 56, p. 10, n. 116, copia A; Bianchi 2006 p. 60.
Albo H 56-3, tav. 132
La tavola, anonima, è copia nello stesso verso dell’incisione realizzata nel 1552 per Michele Tramezzino da Nicolas Béatrizet su disegno di Pirro Ligorio e reca gli indirizzi di Claudio Duchet, 1581, e di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4067) risulta che questo foglio è stato acquistato il 5 giugno 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: leone di San Marco (?) inscritto in uno scudo ovale con cappello cardinalizio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 34 e; Bianchi 2003, 56, p. 10, n. 116, copia A; Bianchi 2006 p. 60.
Circo Massimo

L’incisione raffigura nella sua ricostruzione ideale il più celebre e meglio conosciuto tra i Circhi di Roma. Secondo la tradizione, venne fondato dal re Tarquinio Prisco e per alcuni secoli le sue strutture rimasero in legno. Le prime opere in muratura vennero avviate dopo il II secolo a.C. quando, nel 174, furono costruiti delle strutture (carceres) da dove partivano i carri da corsa sul lato corto occidentale, e furono collocate sulla spina le sette uova di pietra che servivano al conteggio dei giri. L’assetto definitivo lo si ebbe nel 46 a.C., per l’intervento di Cesare. Più volte distrutto e ricostruito durante l’impero, il circo rimase in funzione fino al tempo di Teodorico e nel 549 furono svolte le ultime gare per ordine di Totila, re dei Goti. Oggi gli unici avanzi visibili del circo, che era posto tra il Palatino e l'Aventino, sono quelli del lato curvo a fianco della piccola torre medievale detta della Moletta.
Albo H 56-1, tav. 43
La tavola, realizzata su disegno di Pirro Ligorio, è stata incisa da Nicolas Béatrizet nel 1552 per Michele Tramezzino; essa reca anche gli indirizzi di Paolo Graziano, 1582, e di Domenico De Rossi, attivo nel secolo XVII (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in due cerchi concentrici.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 33; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 147, n. 1474; Bianchi 2003, 56, p. 11, n. 117; Bianchi 2006 p. 52.
P.V. m. 19-19
La tavola, anonima, è copia in controparte dell’incisione realizzata su disegno di Pirro Ligorio da Nicolas Béatrizet nel 1552 per Michele Tramezzino (Albo H 56-1, tav. 43) e reca in basso a destra l’indirizzo dello stampatore veneziano Bolognino Zaltieri (attivo 1555-1576).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e sul cartoncino di supporto è apposto il timbro: «DALLE RACCOLTE TRIVULZIANE 1935».
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 33 a; Bianchi 2003, 56, p. 11, n. 117, copia B; Bianchi 2006, p. 62.
Albo H 56-3, tav. 149
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla (ma in esemplari tardi il nome del Brambilla è stato abraso), è copia nello stesso verso dell’incisione realizzata nel 1552 per Michele Tramezzino da Nicolas Béatrizet su disegno di Pirro Ligorio (Albo H 56-1, tav. 43) e reca l’indirizzo di Claudio Duchet, 1581.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 33 h; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 147, n. 1474 (nota aggiunta a penna nel volume); Bianchi 2003, 56, p. 11, n. 117, copia A; Bianchi 2006, p. 61.
Albo H 56-3, tav. 131
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla (ma in esemplari tardi come questo il nome del Brambilla è stato abraso), è copia nello stesso verso dell’incisione realizzata nel 1552 per Michele Tramezzino da Nicolas Béatrizet su disegno di Pirro Ligorio (Albo H 56-1, tav. 43) e reca gli indirizzi di Claudio Duchet, 1581, e di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4067) risulta che questo foglio è stato acquistato il 5 giugno 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: leone di San Marco (?) inscritto in uno scudo ovale con cappello cardinalizio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 33 i; Bianchi 2003, 56, p. 11, n. 117, copia A; Bianchi 2006, p. 59.
Colonna Antonina e un obelisco del Mausoleo d’Augusto

L’incisione raffigura sulla destra la colonna in marmo lunense eretta tra il 180 e il 193 d.C. per celebrare le vittorie dell’imperatore Marco Aurelio nelle guerre contro Marcomanni, Quadi e Sarmati e sulla sinistra un obelisco: secondo l’
Indice del Lafréry uno di quelli «ch’erano nel Mausoleo d’Augusto».
Albo H 56-1, tav. 61
La tavola, anonima, reca in basso a destra l’indirizzo di Antonio Lafréry e un’ala di uccello ed è copia in controparte di una tavola di Enea Vico (Bartsch XV, 1867, p. 348, n. 418).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: scala a tre pioli in scudo a testa di cavallo sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 148, n. 31 f; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 151, n. 1519; Corsi-Ragionieri 2004, p. 49, n. 37; Bianchi 2006, p. 53.
Colonna di Arcadio (basamento)

L’incisione riproduce un lato della base della colonna istoriata eretta nel 401-402 a Costantinopoli (l’odierna Istambul), dall’imperatore d’oriente Arcadio per celebrare le vittorie imperiali contro i Goti. Oggi è possibile ammirarne solo i resti consistenti nel basamento e nel primo troncone del fusto della colonna.
Albo H 56-1, tav. 62
La tavola, anonima, è riferibile alla scuola di Marcantonio Raimondi (Bartsch XV, 1867, p. 57, n. 4), forse su disegno di Raffaello, e reca in basso a destra l’indirizzo di Antonio Salamanca senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen non elenca questa stampa tra quelle facenti parte dello
Speculum Romanae Magnificentiæ del Lafréry; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 159, n.1583; Bianchi 2006, p. 45, nota 12.
Colonna rostrata e mèta sudans

Nell’antica Roma alcune colonne, erette quali monumenti commemorativi di vittorie navali, ebbero un ornamento di rostri tolti a navi nemiche e furono dette per questo
columnæ rostratae. L’incisione raffigura sulla sinistra la più antica e celebre di esse, la Columna Duilia eretta nel Foro al console Caio Duilio l’anno dopo la sua vittoria navale sui Cartaginesi a Mylae nel 260 a. C. La base della colonna venne rifatta all'epoca di Augusto; dispersa la colonna, la base fu rinvenuta nel 1565 nelle fondamenta di una casa presso l'arco di Settimio Severo e si trova oggi nel Museo Nuovo Capitolino. La Mèta sudans, posta tra il Colosseo, l’inizio della Via Sacra e l’Arco di Costantino, era la più grande fontana a pianta centrale della Roma imperiale, costruita in età domizianea, i cui resti sono stati demoliti definitivamente tra il 1933 ed il 1936.
Albo H 56-3, tav. 146
La tavola, anonima, mostra a sinistra la colonna rostrata di Caio Duilio e a destra la Mèta sudans; essa reca in basso a destra l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1575.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 5603) risulta che esso è stato acquistato il 20 settembre 1973 presso Chiara Brambilla, via Beretta 6, Milano.
Filigrana: uccello inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 109 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 154, n. 1542 (nota aggiunta a penna nel volume); Bianchi 2006, p. 61.
Albo H 56-1, tav. 18
La tavola, anonima, mostra a sinistra la colonna rostrata di Caio Duilio e a destra la Mèta sudans; essa reca in basso a destra gli indirizzi di Antonio Lafréry, 1575, e di Hendrik Van Schoel (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: ancora inscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 109; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 154, n. 1542; Bianchi 2006, p. 49.
Colonna Traiana

L’incisione raffigura uno dei massimi monumenti dell’arte romana, la colonna che si trova nel Foro Traiano, alle spalle della Basilica Ulpia, dedicata all’imperatore Traiano nel 113 d.C. al termine delle guerre daciche. L’impresa vittoriosa è celebrata nel fusto di marmo pario rivestito da una fascia a spirale sulla quale sono scolpite le varie fasi delle due guerre.
Albo H 56-1, tav. 1
Questa tavola anepigrafa appartiene alla primissima produzione del Lafréry (esemplari di stato successivo recano infatti l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1544). Essa è copia in dimensioni un poco minori di un foglio stampato da Antonio Salamanca, che Hülsen attribuisce dubitativamente a Enea Vico.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli), nel margine inferiore si legge, a matita: «1 er Etat avant l’adresse» e sul retro del foglio, a penna: «Ernest Devaulx / 1852». Questo scultore francese fu un collezionista di stampe che usava apporre su di esse la propria firma seguita dalla data di acquisto (Lugt 1921, p. 120, n. 670).
Filigrana: scorpione (?) inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 148, n. 30 e; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 154, n. 1548; Corsi-Ragionieri 2004, p. 48, n. 36; Bianchi 2006, p. 48; Zorach 2008, pp. 38-39, figg. 14-15.
Albo H 56-1, tav. 2
La tavola, anonima, raffigura sia l’aspetto esterno della colonna con il fregio istoriato, sia l’interno con la scala a spirale e inoltre cinque piani di sezione del fusto, della base e del coronamento. Gli elementi di sezione si ispirano alla quarta tavola del
Libro d’Antonio Labacco appartenente all’architettura, la prima parte del quale fu edita nel 1552. Veniva venduto nella stessa bottega del Lafréry che lo aveva pubblicato a partire dal 1568 (Parshall 2006, p. 16), e risulta elencato nell’ultima parte dell’
Indice delle stampe in vendita..., “Libri et Stampe di Rame”.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto in un cerchio sormontato da corona.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 154, n. 1549; Bianchi 2006, p. 48.
Albo H 56-2, tav. 123
La tavola, anonima, recante in basso al centro l’indirizzo di Antonio Lafréry senza data, rappresenta una veduta della colonna priva della decorazione istoriata, la sezione con la scala, cinque piani di sezione del fusto, della base e del coronamento, due scale metriche e varie indicazioni di misura. Essa deriva, in dimensioni maggiori, in controparte e con alcune varianti, dalla quarta tavola del
Libro d’Antonio Labacco appartenente all’architettura, edito nella sua prima parte nel 1552, che veniva venduto nella stessa bottega del Lafréry (risulta elencato nell’ultima parte dell’
Indice delle stampe in vendita..., “Libri et Stampe di Rame”).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: ancora inscritta in un cerchio sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 148, n. 30 a; Bianchi 2006, p. 58.
Colonna Traiana (basamento)

L’incisione raffigura un lato della base della colonna di Traiano, che era stata concepita come monumento onorario e al tempo stesso funebre: nella stampa, oltre alla targa con l’iscrizione dedicatoria e le decorazioni, viene messa in evidenza la porta che dà accesso alla cella ove furono poste le ceneri dell’imperatore.
Albo H 56-1, tav. 63
La tavola, anonima, reca in basso a destra l’indirizzo di Antonio Salamanca, senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen non elenca questa stampa tra quelle facenti parte dello
Speculum Romanae Magnificentiæ del Lafréry; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 154, n.1547; Bianchi 2006, p. 45, nota 12.
Colosseo (ricostruzione ideale)

L’incisione riproduce l’Anfiteatro Flavio, iniziato da Vespasiano nel 75 d.C. e inaugurato da Tito nell’80, cui fu dato nel Medioevo il nome di Colosseo. La costruzione aveva originariamente tre ordini architettonici sovrapposti e un quarto ad attico con finestre; fu danneggiata da terremoti, il più disastroso dei quali, dell’851 d.C., fece cadere due ordini di arcate, i cui materiali vennero adoperati per la costruzione di palazzi e edifici romani fino al secolo XVII.
Albo H 56-1, tav. 33
La tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Passavant,VI, 1864, p. 121, n. 120; Nagler
Mon., IV, 1879, p. 734, n. 29; Linzeler I, 1932, p. 95), raffigura il monumento secondo una ricostruzione ideale con vista parziale sull’interno. Essa sembra aver avuto come modello una stampa di maggiori dimensioni, in tre fogli, citata dal Vasari (
Vite... 1568, VI, p. 27) incisa da Girolamo Fagiuoli su disegno di Domenico Giuntalodi ed edita da Antonio Salamanca nel 1538.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 18 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1589; Bianchi 1981, p. 140; Deswarte-Rosa 1989, p. 51; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 32; Bianchi 2006, p. 51.
Albo H 56-1, tav. 34
La tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Passavant,VI, 1864, p. 121, n. 120; Nagler
Mon., IV, 1879, p. 734, n. 29; Linzeler I, 1932, p. 95), raffigura il monumento secondo una ricostruzione ideale con vista parziale sull’interno. Essa sembra aver avuto come modello una stampa di maggiori dimensioni, in tre fogli, citata dal Vasari (
Vite... 1568, VI, p. 27) incisa da Girolamo Fagiuoli su disegno di Domenico Giuntalodi ed edita da Antonio Salamanca nel 1538.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 18 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1589; Bianchi 1981, p. 140; Deswarte-Rosa 1989, p. 51;Bianchi 2004, 57, p. 9, D 32; Bianchi 2006, p. 51.
Albo H 56-1, tav. 50
La tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Passavant,VI, 1864, p. 121, n. 120; Nagler
Mon., IV, 1879, p. 734, n. 29; Linzeler I, 1932, p. 95), raffigura il monumento secondo una ricostruzione ideale con vista parziale sull’interno. Essa sembra aver avuto come modello una stampa di maggiori dimensioni, in tre fogli, citata dal Vasari (
Vite... 1568, VI, p. 27) incisa da Girolamo Fagiuoli su disegno di Domenico Giuntalodi ed edita da Antonio Salamanca nel 1538.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 18 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1589; Bianchi 1981, p. 140; Deswarte-Rosa 1989, p. 51; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 32; Bianchi 2006, p. 51.
Albo H 56-1, tav. 32
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla ed edita da Claude Duchet nel 1581, reca in basso al centro il titolo ed è copia nello stesso verso della tavola attribuita a Nicolas Béatrizet (Albo H 56-1, tavv. 33, 34, 50).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 18 f; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1589; Bianchi 1981, p. 140; Bianchi 2004, 57, p. 9, copia B; Bianchi 2006, p. 51.
Albo H 56-1, tav. 35
La tavola è copia nello stesso verso di quella attribuita a Nicolas Béatrizet (Albo H 56-1, tavv. 33, 34, 50) e reca in alto a sinistra un’iscrizione su tre righe con il titolo. In basso al centro si legge l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace all’insegna di Parigi (non noto a Hülsen) che sostituisce il precedente indirizzo di Nicolas Van Aelst, abraso.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 145, n. 18 h; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 163, n. 1608; Bianchi 1981, p. 140; Bianchi 2004, 57, p. 9, copia c; Bianchi 2006, p. 51.
Colosseo (veduta interna)

L’incisione raffigura il monumento secondo una ricostruzione ideale che mostra una sola campata al centro e due aperture a sinistra e a destra.
Albo H 56-1, tav. 49
La tavola è anonima, priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 169, n. 157 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1590; Deswarte-Rosa 1989, p. 52; Bianchi 2006, p. 52.
Colosseo (veduta coeva)

L’incisione raffigura il monumento nello stato in cui si trovava nel secolo XVI, in rovina e parzialmente interrato rispetto al nuovo livello del terreno. Si nota qua e là una crescita di vegetazione spontanea nelle crepe, su un sentiero in basso a destra due viandanti incrociano il loro cammino.
Albo H 56-3, tav. 148
La tavola, anonima, reca nel margine in basso a destra l’indirizzo di Antonio Lafréry senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 5603) risulta che esso è stato acquistato il 20 settembre 1973 presso Chiara Brambilla, via Beretta 6, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 146, n. 19 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1585 (nota aggiunta a penna nel volume).
Albo H 56-1, tav. 46 a
In questa tavola nel margine in basso a destra rimane traccia dell’abrasione dell’indirizzo di Antonio Lafréry.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 146, n. 19 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1585; Bianchi 2006, p. 52.
Albo H 56-1, tav. 46 b
La tavola è priva del margine inferiore, tuttavia l’esame dei particolari conferma che si tratta di un esemplare edito dal Lafréry.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 146, n. 19 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 160, n. 1585; Bianchi 2006, p. 52.
Combattimento di Amazzoni

L’incisione riproduce il rilievo di un antico sarcofago con la storia di Achille e Pentesilea, che nel secolo XVI si trovava in Campidoglio e ora è conservato nel Casino del Belvedere di Villa Doria Pamphili a Roma (Bury 1996, p. 114).
Albo H 56-3, tav. 128b (parte sinistra)
La composizione, incisa ed edita da Nicolas Béatrizet nel 1559, consta di due tavole, ottenute da due diversi rami: parte sinistra (Albo H 56-3, tav. 128 b) e parte destra (Albo H 56-3, tav. 128 a), che pervennero alla Raccolta Bertarelli in due momenti diversi.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4528) risulta che questo foglio è stato acquistato il 29 novembre 1966 presso la Libreria Il Polifilo, Via Borgonuovo 3, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 50; Bianchi 1981, p. 108; Bianchi 2003, 56, p. 7, n. 106; Bianchi 2006, p. 59.
Albo H 56-3, tav. 128a (parte destra)
La composizione, incisa e edita da Nicolas Béatrizet nel 1559 come testimoniato dall’iscrizione nel margine inferiore, consta di due tavole, ottenute da due diversi rami e destinate a essere unite nel senso della larghezza: parte sinistra (Albo H 56-3, tav. 128 b) e parte destra (Albo H 56-3, tav. 128 a), che pervennero alla Raccolta Bertarelli in due momenti diversi. Di seguito si legge anche l’indirizzo di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4088) risulta che questo foglio è stato acquistato il 2 luglio 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 50; Bianchi 1981, p. 108; Bianchi 2003, 56, p. 7, n. 106; Bianchi 2006, p. 59.
Commodo imperatore come Ercole
L’incisione riproduce un’antica statua, copia romana di una statua greca in bronzo del secolo IV a.C., raffigurante Eracle con il piccolo Telefo (Bober-Rubinstein 2010, p. 180, n. 131). Riportata alla luce nel 1507 nel giardino di una casa presso Campo dei Fiori, la statua fu una delle prime sculture a entrare nelle collezioni vaticane e fu fatta collocare da papa Giulio II nel cortile del Belvedere. Attualmente si trova nel Museo Chiaramonti in Vaticano.
Albo H 56-2, tav. 74
La tavola anonima, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Indice De Rossi 1677, p. 12, n. 7; Gori Gandellini I, 1771, p. 80; Heinecken II, 1788, p. 281; Nagler
Mon ., IV, 1879, p. 733, n. 22) reca l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1550 ed è copia in controparte di un foglio edito da Antonio Salamanca. In questo esemplare della Raccolta Bertarelli le nudità della statua sono coperte mediante l’applicazione di un frammento cartaceo che simula un panneggio.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 154, n. 58 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3190; Bianchi 2004, 57, p. 7, D 24; Bianchi 2006, p. 55; De Crescenzo 2016, p. 46.
Albo H 56-3, tav. 150
La tavola, anonima, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Indice De Rossi 1677, p. 12, n. 7; Gori Gandellini I, 1771, p. 80; Heinecken II, 1788, p. 281; Nagler
Mon ., IV,1879, p. 733, n. 22), reca l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1550 ed è copia in controparte di un foglio edito da Antonio Salamanca.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 5603) risulta che esso è stato acquistato il 20 settembre 1973 presso Chiara Brambilla, via Beretta 6, Milano.
Filigrana: tre tulipani inscritti in uno scudo sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 154, n. 58 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3190 (nota aggiunta a penna nel volume); Bianchi 2004, 57, p. 7, D 24; Bianchi 2006, p. 61; De Crescenzo 2016, p. 46.
Albo H 56-2, tav. 75
La tavola, anonima, è copia nello stesso verso dell’incisione attribuita a Nicolas Béatrizet (Albo H 56-2 , tavv. 74, 150) e reca l’indirizzo di Claude Duchet, 1582.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 154, n. 58 g; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3190; Bianchi 2004, 57, p. 7, D 24, copia A; Bianchi 2006, p. 55.
Cortile con la fontana nella villa di papa Giulio III

Sin dalla fine del 1550 Giulio III si concentrò su progetti che dovevano assicurare lustro al proprio lignaggio e decise la risistemazione della "vigna" di Roma, fuori della porta del Popolo. Per l’edificazione della villa tra l'inizio del 1551 e la fine del 1552 si susseguirono diversi progetti, dai primi disegni del Vasari ai progetti dell'Ammannati e di Jacopo Barozzi da Vignola. Attualmente Villa Giulia è sede del Museo Nazionale Etrusco di Roma.
Albo H 88, tav. 58
L’incisione, anonima e priva di scritte, raffigura il lato orientale del cortile con il ninfeo e il porticato a due piani; al piano inferiore si notano due statue di divinità fluviali. Secondo Hülsen questa tavola sarebbe copia da un’incisione edita da Hieronymus Cock, rispetto alla quale risulta in controparte.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: pellegrino inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 169, n. 165 a; Byrne 1981, p. 130-131, n. 173; KDJ 2013, n. 80.
Albo H 88, tav. 59
L’incisione, anonima, raffigura il lato occidentale del cortile, con la loggetta e una doppia scala che scende al ninfeo. Essa reca in basso a sinistra l’indirizzo di Paolo Graziano, 1582, e in basso a destra quello di Pietro De Nobili. Secondo Hülsen questa tavola sarebbe copia di un’incisione edita da Hieronymus Cock, rispetto alla quale risulta in controparte.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 169, n. 166 a; Fischer 1972, p. 17, H 166 a +; Byrne 1981, p. 130, n. 172; KDJ 2013, n. 80.
Dioscuri del Quirinale

L’incisione raffigura i due colossi di Castore e Polluce che frenano i rispettivi cavalli. Provenienti dalle rovine delle Terme di Costantino, le statue, copie di età imperiale romana di originali greci del secolo V a. C., nel 1470 vennero puntellate con muri in mattoni (come testimoniato dalla stampa) e solo in seguito (1585-1590) Sisto V fece integrare con il marmo le parti mancanti e collocare le statue nella piazza del Quirinale.
Albo H 56-2, tav. 86 (veduta anteriore)
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1546 ed è copia in controparte di un foglio anonimo edito, senza data, da Antonio Salamanca. In questo esemplare della Raccolta Bertarelli gli attributi virili del colosso di destra risultano coperti mediante l’apposizione di un frammento cartaceo che simula un drappeggio.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 53 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 320, n. 3163; Corsi-Ragionieri 2004, p. 18, n. 6.
Albo H 56-3, tav. 136 (veduta posteriore)
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1550.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via Montebello 30, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in uno scudo sormontato da stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 54 a.
Ercole in forma di Colosso

L’incisione riproduce una statua colossale di Ercole eretta nel 1544 dall’architetto e scultore fiorentino Bartolomeo Ammannati nel cortile del palazzo dell’erudito padovano Marco Mantova Benavides, dove la statua rimane ancor oggi quale testimonianza del Rinascimento padovano. Scolpiti sul piedestallo si riconoscono alcuni simboli delle fatiche di Ercole: l’uccisione del leone di Nemeo, la cattura del cinghiale d’Erimanto, l’uccisione degli uccelli del lago Stinfale.
Albo H 56-1, tav. 13
La tavola, edita da Antonio Lafréry nel 1553, è stata attribuita a Nicolas Béatrizet (Nagler,
Mon . IV, 1879, p. 733, n. 23).
Il foglio ha impresso in basso verso sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: corona sormontata da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 160, n. 88 a; Bianchi 1981, p. 134; Bianchi 2004, 57, p. 7, D 25; Bianchi 2006, p. 49.
Ercole con le mele d’oro

L’incisione riproduce una statua colossale in bronzo dorato, copia romana di un originale del tardo ellenismo derivato dall’arte lisippea, ritrovata all’epoca di Sisto IV (1471-1484) in occasione della demolizione dell’Ara Maxima dedicata ad Ercole presso il Circo Massimo, dal 1510 conservata nei Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori, Sala di Ercole (fu una delle prime opere a entrare nel Museo). Il soggetto si riferisce all’undicesima fatica di Ercole consistente nel portare a Euristeo alcune mele d’oro delle Esperidi
Albo H 56-2, tav. 77
La tavola, incisa da Diana Scultori nel 1581, reca l’indirizzo di Claude Duchet.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 165, n. 119 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 325, n. 3195; Bellini 1991, p. 246, n. 52; Bianchi 2006, p. 55.
Ercole Farnese

L’incisione raffigura una statua di Ercole scolpita dall’ateniese Glicone, copia di un originale di Lisippo o della sua scuola. Secondo una testimonianza coeva la statua era stata rinvenuta alle Terme di Caracalla nel 1546, priva degli arti inferiori e delle mani, rifatti da Gugliemo della Porta. All’epoca fu collocata nel cortile di Palazzo Farnese a Roma, oggi è conservata nel Museo Nazionale di Napoli.
Albo H 56-2, tav. 70
La tavola, incisa dal belga Jacob Bos, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1562.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 55 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3191; Bellini 1998, p. 254, copia 59/5; Bianchi 2006, p. 54.
Albo H 56-2, tav. 71
La tavola, incisa dal belga Jacob Bos, oltre all’indirizzo di Antonio Lafréry, 1562, reca anche l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace; resta traccia di due precedenti indirizzi, malamente abrasi.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: ancora affiancata dalle lettere M e L, inscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 55 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3191; Bellini 1998, p. 254, copia 59/5; Bianchi 2006, p. 54.
Flora o Proserpina

Il soggetto mitologico di questa incisione è stato interpretato come una raffigurazione della dea Flora, o Florida, originariamente una dea sabina della fertilità cui fu dedicato un tempio a Roma nel 238 a.C. La terzina in basso, però, farebbe piuttosto identificare la figura con Proserpina, la greca Persefone, figlia di Demetra e sposa di Ade. Non è stato individuato un modello originale di riferimento.
Albo H 56-2, tav. 110
La tavola è attribuita a Enea Vico (Bartsch XV, 1867, p. 293, n. 23) ed è stata stampata dal veneziano Ferdinando (Ferrando) Bertelli.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 156, n. 65 a; Bianchi (scheda in) 1998 , p. 80, n. 28; Bianchi 2006, p. 57.
Fontana con bacile in Vaticano

L’incisione raffigura una fontana collocata nel giardino retrostante il palazzo del cardinale Federico Cesi, presso la porta Cavalleggeri in Vaticano. La fontana consta di un antico bacile di marmo con rilievi bacchici sormontato da un satiro, Sileno, che regge un otre di forma fallica dal quale sgorga l’acqua.
Albo H 56-2, tav. 103
La tavola è stata incisa dal fiammingo Peter Perret nel 1581 ed edita da Claude Duchet.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano) e sul retro il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano).
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 165, n. 122 a; Hollstein,
Dutch and Flemish... ., XVII, 1976, p. 52, n. 40; Bianchi 2006, p. 57.
Albo H 88, tav. 56
La tavola è stata incisa dal fiammingo Peter Perret nel 1581 ed edita da Claude Duchet.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 165, n. 122 a; Hollstein,
Dutch and Flemish... ., XVII, 1976, p. 52, n. 40; Bianchi 2006, p. 61.
Fregio con girali di acanto

Come testimoniato dall’iscrizione, l’incisione riproduce delle lesene decorate a rilievo con tralci e girali di acanto databili ai primi decenni del I secolo d.C. Appartenenti all’epoca alla collezione del cardinale Andrea della Valle, furono acquistate nel 1584 da Ferdinando de’ Medici e murate nel padiglione di Cleopatra di Villa Medici, dove ancor oggi si trovano.
Albo H 56-2, tav. 117
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1561.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 167, n. 142 a; Corsi-Ragionieri 2004, p. 22, n. 10; Bianchi 2006, p. 58.
Isola Tiberina

L'incisione raffigura l’Isola Tiberina, situata sul Tevere nel centro storico di Roma cui è collegata da due ponti, Fabricio e Cestio. Essa era di per sé un monumento essendo stata lavorata e decorata attraverso graniti e marmi a forma di nave romana che sembrava navigare sul Tevere col suo albero maestro, all'epoca un obelisco. Sull’isola erano presenti un Tempio di Esculapio, cui nel Medioevo si era aggiunto un portico per l'accoglienza dei pellegrini e soprattutto dei malati, e un tempio di Giove Licaonio. Nella parte settentrionale si trovavano alcuni piccoli santuari legati a culti particolari.
Albo H 56-1, tav. 31
La tavola è stata incisa e stampata da Étienne Dupérac, senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: due frecce incrociate sormontate da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 110 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 198, n. 1986; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-3, tav. 145
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla e stampata da Claude Duchet nel 1582, è copia nello stesso verso di quella di Étienne Dupérac (Albo H 56-1, tav. 31).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 110 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 198, n. 1986 (nota aggiunta a penna nel volume); Bianchi 2006, p. 61.
Lupa Capitolina

L’incisione riproduce la famosa Lupa Capitolina, opera della bronzistica etrusca degli inizi del V secolo a.C. Nel 1471 Sisto IV la fece trasportare dalla residenza papale del Laterano, dove si trovava, in Campidoglio, nel Palazzo dei Conservatori dove si trova attualmente. I gemelli vennero aggiunti alla fine del XV secolo.
Albo H 56-2, tav. 94
La tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Gori Gandellini I, 1771, p. 80; Nagler
Mon ., IV, 1879, p. 733, n. 20), reca gli indirizzi di Antonio Lafréry, 1552, e di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 1486) risulta che questo foglio è stato acquistato il 12 luglio 1937 presso la Libreria Finzi, via Bernardino Luini, Milano.
Filigrana: corona.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 152, n. 47 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 322, n. 3175; Bianchi 1981, p. 130; Corsi-Ragionieri 2004, p. 21, n. 9; Bianchi 2004, 57, p. 7, D 23; Bianchi 2006, p. 56.
Marco Aurelio (statua equestre)

L’incisione riproduce il celebre monumento in bronzo dorato, divenuto il modello del monumento equestre dal Rinascimento in poi. Eretto nel 176 d.C., nel 1538 fu trasportato dalla piazza del Laterano (dove si trovava fin dall’VIII secolo) nella piazza del Campidoglio. Oggi la statua originale è stata sistemata all’interno dei Musei Capitolini, in un’esedra allestita nel Museo dei Conservatori, mentre al suo posto in piazza del Campidoglio vi è una copia fedele realizzata con l'ausilio di laser e metodi all'avanguardia.
Albo H 56-2, tav. 102
La tavola, siglata in basso a sinistra da Nicolas Béatrizet e stampata da Antonio Lafréry nel 1548, è copia nello stesso verso di un bulino attribuito a Marco Dente da Ravenna (Bartsch XIV, 1867, p. 376, n. 515), rispetto al quale è stato eliminato lo sfondo ed è stato raffigurato il nuovo piedestallo progettato da Michelangelo.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano) e nell’angolo inferiore sinistro H sormontato da una corona (simile a Lugt 1921, p. 226, n. 1282), che sembrerebbe riferirsi a uno dei più importanti collezionisti austriaci, il viennese conte di Harrach. Dai Registri di carico (inv. n. 2473) risulta che questo foglio è stato acquistato nel 1955 (non sono indicati giorno e mese) presso la Libreria Cavallotti, Via Borgonovo 15, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 152, n. 48 a; Bianchi 1981, p. 90; Bianchi 2003, 56, p. 3, n. 95; Bianchi 2006, p. 57.
Albo H 56-2, tav. 78
La tavola, siglata in basso a destra da Cornelis Bos, priva di data e di indicazione dello stampatore, è copia nello stesso verso del bulino di Nicolas Béatrizet del 1548 (Albo H 56-2, tav. 102).
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 152, n. 48 e; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 322, n. 3178; Bianchi 1981, p. 90; Bianchi 2003, 56, p. 3, n. 95, copia A; Bianchi 2006, p. 55.
Marco Aurelio (trionfo)

L’incisione riproduce un antico bassorilievo che, assieme ad altre due lastre provenienti dal perduto arco di Marco Aurelio, sino al 1515 era nella chiesa di Santa Martina a Roma e ora si trova sullo scalone del Palazzo dei Conservatori, in Campidoglio.
Albo H 56-1, tav. 65
La tavola, quasi unanimemente attribuita dagli studiosi a Nicolas Béatrizet (Hülsen ipotizza che possa essere assegnata a Jacob Bos), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1560. È stato attribuito al Béatrizet anche un disegno relativo a questo soggetto (penna, inchiostro e acquerello, mm 415x270) conservato nel Musée Bonnat di Bayonne (Bury 1996, p. 113, n. 57).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 152, n. 49 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 322, n. 3177; Bury 1996, p. 11, n. 55; Bianchi 1981, p. 92; Bianchi 2003, 56, p. 3, n. 96; Corsi-Ragionieri 2004, p. 23, n. 11; Bianchi 2006, p. 54.
Marforio

Il soggetto dell’incisione è una gigantesca statua di divinità fluviale del I secolo d.C., ritrovata nei pressi del luogo detto volgarmente Martis Forum, e raffigurata qui nel luogo dove si trovava sin dal Medioevo ed era ancora nel Cinquecento, addossata a un muro del Foro Romano presso la chiesa di Santa Martina e Luca. Fu una delle sei statue parlanti di Roma, protagonista di numerosi “dialoghi” a distanza con Pasquino, finalizzati a colpire anche pesantemente e sempre in modo anonimo i personaggi pubblici più in vista nella Roma del XVI e XVII secolo. Trasferita nel 1592 in Campidoglio, dal 1734 la statua, restaurata, è sistemata nel cortile del Palazzo Nuovo.
Albo H 56-1, tav. 47
La tavola, attribuita a Nicolas Béatrizet (Passavant VI, 1864, p. 1120, n. 117) ed edita in primo stato da Antonio Salamanca, senza data, in questo esemplare reca l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace e «.G.G.R.FO.». Sul muro si legge un sonetto.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 70 e; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 322, n. 3180; Bianchi 1981, p. 142; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 21; Bianchi 2006, p. 52.
P.V. m. 24-19
La tavola, attribuita a Nicolas Béatrizet (Passavant VI, 1864, p. 1120, n. 117) ed edita in primo stato da Antonio Salamanca, senza data, in questo esemplare in tiratura recente reca l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace, «.G.G.R.FO.» e in basso a destra il timbro a secco della Regia Calcografia. Sul muro si legge un sonetto.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 70 f; Bianchi 1981, p. 142; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 21; Bianchi 2006, p. 63.
Albo H 56-3, tav. 135
La tavola, anonima, reca in basso a sinistra l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1550 ed è copia nello stesso verso di quella del Salamanca (Albo H 56-1, tav. 47; P.V. m. 24-19). Sul muro si legge un sonetto e inferiormente, mediante una seconda lastra, è aggiunta una striscia di circa 90 mm di altezza con la raffigurazione di quattro antiche iscrizioni su basamenti.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, via Montebello 30, Milano.
Filigrana: tre tulipani inscritti in uno scudo, sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 70 a; Bianchi 1981, p. 142; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 21, copia A; Corsi-Ragionieri 2004, p. 15, n. 3; Bianchi 2006, p. 60.
Albo H 56-2, tav. 79
La tavola, anonima, reca sotto il sonetto l’indirizzo di Claude Duchet con la data 1581. Essa, come appare per esempio dal confronto tra le tre versioni della testa della statua (Salamanca, Lafréry, Duchet), sembra essere copia nello stesso verso di quella del Lafréry (Albo H 56-3, tav. 135), pur se priva della striscia inferiore con le iscrizioni sui basamenti.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 70 h; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 322, n. 3179; Bianchi 1981, p. 142; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 21, copia B; Bianchi 2006, p. 55.
Mausoleo di Augusto

L’incisione mostra nella sua ricostruzione ideale il mausoleo iniziato da Augusto nel 28 a.C. al suo ritorno da Alessandria, dopo aver conquistato l'Egitto e sconfitto Marco Antonio nella battaglia di Azio del 31 a.C. L’imponente monumento funerario di pianta circolare, che originariamente occupava parte dell'area nord della zona chiamata Campo Marzio, probabilmente si ispirava alla tomba in stile ellenistico di Alessandro Magno che Augusto aveva avuto modo di vedere proprio ad Alessandria.
Albo H 56-2, tav. 109
La tavola, disegnata e incisa da Étienne Dupérac ed edita da Antonio Lafréry nel 1575, reca anche l’indirizzo di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 108 b; Bianchi 2006, p. 57.
Meleagro o Adone

L’incisione raffigura la copia romana in marmo di un originale greco, probabilmente di Skopas, che nel secolo XVI si trovava nel palazzo di Adriano Fusconi vescovo di Aquino e ora è conservata nel Museo Pio Clementino in Vaticano, dove entrò nel 1772 con papa Clemente XIV.
Albo H 56-2, tav. 68
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1555. Secondo Hülsen questo foglio è copia nello stesso verso di un’incisione attribuita a Nicolas Béatrizet e stampata da Antonio Salamanca nel 1543.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: due frecce incrociate.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 155, n. 63 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p.322, n.3183; Bianchi 2004, 57, p. 8, D 26 A; Corsi-Ragionieri 2004, p. 19, n. 7; Bianchi 2006, p. 54.
Albo H 56-2, tav. 69
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1555. Secondo Hülsen questo foglio è copia nello stesso verso di un’incisione attribuita a Nicolas Béatrizet e stampata da Antonio Salamanca nel 1543.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 155, n. 63 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p.322, n.3183; Bianchi 2004, 57, p. 8, D 26 A; Corsi-Ragionieri 2004, p. 19, n. 7; Bianchi 2006, p. 54.
Nilo (dio fiume)

L’incisione raffigura una statua colossale marmorea del Nilo, copia di un originale in bronzo del II secolo a.C. Essa fu rinvenuta nel 1513 nel Campo Marzio, dove probabilmente decorava il cosiddetto Iseo Campense dedicato alle divinità egizie Iside e Serapide, ed è oggi conservata nel Braccio Nuovo dei Musei Vaticani. La terra d'Egitto è evocata dalla presenza di una sfinge e di alcuni animali esotici; la scena è vivacizzata da sedici putti, che alludono ai sedici cubiti d'acqua, cioè il livello raggiunto dal Nilo durante la stagione delle inondazioni.
Albo H 56-3, tav. 126
La tavola, concordemente attribuita dagli studiosi a Nicolas Béatrizet, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry, senza data, e quello di Giovanni Orlandi, 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4088) risulta che questo foglio è stato acquistato il 2 luglio 1964 presso la Libreria Chiesa, Via Bigli 11, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 155, n. 61 b; Bianchi 1981, p. 102; Bianchi 2003, 56, p. 5, n. 103; Corsi-Ragionieri 2004, p. 14, n. 2; Bianchi 2006, p. 59.
Obelisco Vaticano

L’incisione raffigura un obelisco proveniente dalla città egiziana di Heliopolis e in seguito sistemato nel Forum Iulium realizzato ad Alessandria da Augusto. Il monolite fu portato a Roma nel 37 d.C. per volere di Caligola e collocato sulla spina del circo detto poi di Nerone nell'area del colle Vaticano, venendosi a trovare, dopo che il circo cadde in disuso e l'area fu utilizzata come necropoli, sul lato meridionale dell'antica Basilica di San Pietro. L'obelisco non ha geroglifici, ma una iscrizione in latino voluta da Caligola con un elogio a Ottaviano Augusto e a Tiberio. La palla di bronzo sulla sommità, che sembra contenesse le ceneri di Giulio Cesare, si trova oggi nel Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Nel 1586 l’obelisco fu collocato al centro di piazza San Pietro per volontà di Papa Sisto V, che per il suo spostamento si servì dell’opera dell'architetto Domenico Fontana.
Albo H 56-1, tav. 10
La tavola, anonima, recante l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1550, secondo Hülsen è copia di un raro foglio con l’indirizzo di Antonio Salamanca.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: pellegrino inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 149, n. 32 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 397, n. 3932; Bianchi 2006, p. 48.
Obelisco di San Macuto

Eretto all'epoca di Ramsete II a Heliopolis e portato a Roma da Domiziano, che lo collocò come decorazione dell'Iseo Campense, fu ritrovato nel 1300 e posto nel 1374 a piazza San Macuto (che prende il nome dalla omonima chiesa). Il monolite fu spostato davanti al Pantheon nel 1711 per volere di papa Clemente XI.
Albo H 56-1, tav. 41
La tavola, attribuita a Étienne Dupérac (Robert-Dumesnil VIII, 1850, p. 102, n. 46), reca il tardo indirizzo di Hendrik Van Schoel.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto un cerchio sormontato da corona.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 164, n. 117 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 218, n. 2173; Bianchi 2006, p. 51.
Oceano

Come testimoniato dall’iscrizione, l’incisione riproduce un’antica statua colossale rinvenuta presso l’Arco di Campiliano e visibile all’epoca nella casa, situata nella piazza di Sciarra, dei nobili romani Giovanbattista e Gianvincenzo della famiglia dei Fabi. Questa statua, ora perduta, potrebbe forse essere identificata con quella ritrovata presso il tempio della Minerva, di cui scriveva già nel 1448 Poggio Bracciolini nel
De Varietate Fortunae (De Angelis d’Ossat 2011, p 29 e nota 63).
Albo H 56-2, tav. 104
La tavola è stata incisa e presumibilmente edita da Nicolas Béatrizet nel 1560.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: giglio con quattro fiorellini inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 155, n. 62 a; Bianchi 1981, p. 106; Bianchi 2003, 56, p. 7, n. 105; Bianchi 2006, p. 57.
Ornithon o Aviarium di Varrone

L’incisione raffigura la ricostruzione ideale, su disegno di Pirro Ligorio, dell’uccelliera voluta da Varrone nella sua villa di Cassino e descritta dallo scrittore nel libro terzo del suo trattato sull’agricoltura, il
De re rustica. L’uso ornamentale di uccelli, animali e laghetti con i pesci era nuovo nel mondo romano ai tempi di Varrone: egli cessò di considerare gli animali e gli uccelli solo come forme di produzione e di allevamento destinate a rifornire la tavola, ma utilizzò le qualità estetiche degli animali per intrattenere i suoi ospiti o per aspetti decorativi. Questo modello fu poi adottato con entusiasmo dagli architetti dei giardini rinascimentali.
Albo H 56-1, tav. 37
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla, è stata edita da Claude Duchet nel 1581. Secondo Hülsen è copia di una tavola anonima stampata da Michele Tramezzino nel 1558.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: tre tulipani (?) inscritti in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 36 c; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 220, n. 2189; Bianchi 2006, p. 51.
Albo H 56-1, tav. 38
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla ed edita da Claude Duchet nel 1581, reca a sinistra verso il basso anche l’indirizzo tardo di Hendrik Van Schoel. Secondo Hülsen è copia di una tavola anonima stampata da Michele Tramezzino nel 1558.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: ancora inscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 36 e; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 220, n. 2190; Bianchi 2006, p. 51.
Palazzo Alberini

L’incisione riproduce l’edificio il cui progetto, contrariamente a quanto affermato nell’iscrizione, non sembra sia riconducibile al Bramante bensì alla cerchia più stretta di Raffaello, forse a Giulio Romano. La costruzione, che sorge nell’odierna via Banco di Santo Spirito, nel rione Ponte, fu terminata intorno al 1520 per il nobile romano Giulio Alberini e riprende nella facciata lo schema di palazzo Caprini (Albo H 56-2, tav. 101): piano terreno a bugnato, alta arcata d’ingresso, botteghe ed ammezzato, fascione marcapiano, due piani con finestre entro riquadrature, alla sommità forte cornicione a mensole.
Albo H 56-2, tav. 111
La tavola è anonima, priva di indirizzo e di data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: giglio con quattro fiorellini inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 106 a; Corsi-Ragionieri 2004, p. 54, n. 40; Bianchi 2006, p. 57.
Palazzo Caprini detto di Raffaello

Il rinascimentale palazzo Caprini fu fondato intorno al 1510 tra piazza Scossacavalli e via Alessandrina, in prossimità del Vaticano, come dimora del protonotaro apostolico Adriano de Caprinis, su progetto di Donato Bramante. L’edificio era caratterizzato da un alto basamento a finto bugnato con botteghe al piano terra ai lati del portale centrale ad arco, mentre il piano nobile, scandito da colonne doriche binate che fiancheggiavano cinque finestre architravate, era sormontato da una trabeazione con piano sottotetto. Nel 1517 fu acquistato da Raffaello che lo abitò fino alla morte. Dopo varie vicende, fu demolito nel 1937 per l’apertura di via della Conciliazione.
Albo H 56-2, tav. 101
La stampa, anonima, è stata edita dal Lafréry nel 1549.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 2473) risulta che questo foglio è stato acquistato nel 1955 (non sono indicati giorno e mese) presso la Libreria Cavallotti, Via Borgonovo 15, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 104 a; Corsi-Ragionieri 2004, p. 53, n. 39; Bianchi 2006, p. 56.
Palazzo Farnese

Il palazzo, che si affaccia su Campo dei Fiori, fu voluto dal cardinale Alessandro Farnese, divenuto papa Paolo III. Responsabile del cantiere dal 1513-1514 fino al 1546, anno della sua morte, fu Antonio da Sangallo il Giovane, quindi gli subentrò Michelangelo che apportò radicali cambiamenti: il finestrone centrale al di sopra della porta con lo stemma farnesiano e l’imponente cornicione.
Albo H 56-2, tav. 100
La tavola, siglata in basso a sinistra da Nicolas Béatrizet ed edita da Antonio Lafréry nel 1549, è copia in controparte di un bulino inciso dallo stesso Béatrizet per Antonio Salamanca (Bartsch XV, 1867, p. 270, n. 102).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano), nell’angolo inferiore sinistro è apposta una H sormontata da una corona (simile a Lugt 1921, p. 226, n. 1282), che sembrerebbe riferirsi a uno dei più importanti collezionisti austriaci, il viennese conte di Harrach. Dai Registri di carico (inv. n. 2473) risulta che questo foglio è stato acquistato nel 1955 (non sono indicati giorno e mese) presso la Libreria Cavallotti, Via Borgonovo 15, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 162, n. 102 a; Bianchi 1981, p. 114; Corsi-Ragionieri 2004, p. 59, n. 45; Bianchi 2003, 56, p. 9, n. 112; Bianchi 2006, p. 56.
Palazzo Farnese (cortile interno)

L’incisione testimonia il progetto di Michelangelo per la sistemazione del cortile del palazzo, progetto mai attuato perché la responsabilità del cantiere passò nel 1557 a Jacopo Vignola e nel 1575 a Giacomo della Porta.
Albo H 56-2, tav. 122
La tavola anonima, edita da Antonio Lafréry nel 1560, è probabilmente derivata da un modello ligneo di cui è documentata l’esecuzione nel 1549.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 162, n. 103 a; Corsi-Ragionieri 2004, p. 60, n. 46; Bianchi 2006, p. 58.
Palazzo Stati-Maccarani

L’incisione raffigura l’edificio di piazza S. Eustachio come voluto da Cristoforo Stati, di antica casata romana che vantava un primo Conservatore in Campidoglio nel 1398, Paolo Stati. Il progetto di ristrutturazione del palazzo fu affidato tra il 1519 il 1524 a Giulio Romano e costituisce una delle opere romane più significative di questo architetto, che si ispirò per la facciata alla struttura di Palazzo Caprini del Bramante (Albo H 56-2, tav. 101). Il palazzo divenne proprietà prima dei Cenci, poi nel 1786 dei Maccarani per essere acquistato dai Brazzà ai primi del Novecento. Oggi ospita uffici del Senato della Repubblica. Esiste un disegno della facciata:
Veduta prospettica di palazzo Stati Maccarani a Roma.
Albo H 56-3, tav. 147
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1549.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 5603) risulta che questo foglio è stato acquistato il 20 settembre 1973 presso Chiara Brambilla, via Beretta 6, Milano.
Filigrana: tre tulipani inscritti in un cerchio sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 105 a; Bianchi 2006, p. 61.
Albo H 88, tav. 52
La tavola, anonima, edita da Antonio Lafréry nel 1549, reca anche gli indirizzi di Paolo Graziano e Pietro De Nobili.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: ancora inscritta in un cerchio sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 105; Bianchi 2006, p. 61.
Pantheon

L’incisione riproduce il celebre edificio eretto da Marco Vipsanio Agrippa al tempo di Augusto (27 a.C.) e ricostruito, dopo un incendio, sotto Adriano (118-128 d.C.). Esso fu chiamato più tardi S. Maria a Martyres e, volgarmente, la Rotonda. Il sarcofago antistante in porfido, proveniente dalle Terme di Agrippina, fu collocato nel Settecento nella cappella Corsini in S. Giovanni in Laterano; le due sfingi leonine in basalto sono attualmente esposte davanti al Museo Gregoriano Egizio in Vaticano.
Albo H 56-1, tav. 7
La tavola è stata incisa da Nicolas Béatrizet e edita da Antonio Lafréry nel 1549. In primo stato essa riportava in basso il titolo, il nome del Béatrizet e l’indirizzo del Lafréry con la data 1548 (Boorsch 1982, 29, p. 365, n. 100). Nell’esemplare in esame, di stato successivo, la lastra è stata tagliata nella parte inferiore e privata delle scritte, quindi, nello stamparla, è stata aggiunta in basso una seconda lastra di 90 mm di altezza in cui si legge l’indirizzo del Lafréry con la data 1549 e sono raffigurati il sarcofago, i leoni e il vaso. Tra i due stati si notano anche altre varianti. Questa tavola del Lafréry è copia di un’altra stampa incisa dallo stesso Nicolas Béatrizet ed edita da Antonio Salamanca senza data (Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 108).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 5 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2550; Bianchi 1981, p. 112-113; Corsi-Ragionieri 2004, p. 46, n. 34; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109; Bianchi 2006, p. 48.
Albo H 56-1, tav. 60
La tavola è stata incisa da Nicolas Béatrizet e edita da Antonio Lafréry nel 1549. In primo stato essa riportava in basso il titolo, il nome del Béatrizet e l’indirizzo del Lafréry con la data 1548 (Boorsch 1982, 29, p. 365, n. 100). Nell’esemplare in esame, di stato successivo, la lastra è stata tagliata nella parte inferiore e privata delle scritte, quindi, nello stamparla, è stata aggiunta in basso una seconda lastra di 90 mm di altezza in cui si legge l’indirizzo del Lafréry con la data 1549 e sono raffigurati il sarcofago, i leoni e il vaso. Tra i due stati si notano anche altre varianti. Questa tavola del Lafréry è copia di un’altra stampa incisa dallo stesso Nicolas Béatrizet e edita da Antonio Salamanca senza data (Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 108).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 5 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2550; Bianchi 1981, p. 112-113; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109; Corsi Ragionieri 2004, p. 46, n. 34; Bianchi 2006, p. 53.
Albo H 56-1, tav. 44
La tavola, anonima, priva di indirizzo e di data, è copia in controparte del foglio inciso da Nicolas Béatrizet ed edito in primo stato da Antonio Lafréry nel 1548 (Boorsch 1982, 29, p. 365, n.100), con l’iscrizione in basso e senza l’aggiunta della seconda lastra (copia non nota a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2557; Bianchi 1981, pp. 112-113; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109, copia A; Bianchi 2006, p. 52.
P.V. m. 20-47
La tavola, anonima, priva di indirizzo e di data, è copia in controparte del foglio inciso da Nicolas Béatrizet ed edito in primo stato da Antonio Lafréry nel 1548 (Boorsch 1982, 29, p. 365, n.100), con l’iscrizione in basso e senza l’aggiunta della seconda lastra (copia non nota a Hülsen). In questa tavola in basso a destra è apposto l’indirizzo di Giovanni Battista Rossi in piazza Navona (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2557; Bianchi 1981, pp. 112-113; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109, copia A; Bianchi 2006, p. 62.
P.V. m. 20-48
La tavola, anonima, priva di indirizzo e di data, è copia in controparte del foglio inciso da Nicolas Béatrizet ed edito in primo stato da Antonio Lafréry nel 1548 (Boorsch 1982, 29, p. 365, n.100), con l’iscrizione in basso, senza l’aggiunta della seconda lastra (copia non nota a Hülsen). In questa tavola in basso verso destra è apposto l’indirizzo di Carlo Losi, 1773 (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2557; Bianchi 1981, pp. 112-113; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109, copia A; Bianchi 2006, p. 62.
Albo H 56-1, tav. 59
La tavola, anonima, priva di indirizzo e di data, è attribuita da Hülsen ad Ambrogio Brambilla. Essa è copia in controparte di quella incisa da Nicolas Béatrizet e edita da Antonio Lafréry nel 1549 (Albo H 56-1, tavv. 7, 60), pur senza la lastra aggiunta con il sarcofago, le sfingi leonine e il vaso.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 5 e; Bianchi 1981, pp. 112-113; Bianchi 2003, 56, p. 8, n. 109, copia B; Bianchi 2006, p. 53.
Pantheon (veduta interna)

L’incisione riproduce il fianco e la sezione prospettica dell’edificio secondo una tecnica frequentemente utilizzata all’epoca che lo rende leggibile in alzato, in sezione e in pianta. Vengono date anche indicazioni delle misure.
Albo H 56-1, tav. 58
La tavola, attribuita a Nicolas Béatrizet (Linzeler I, 1932, p. 95) ed edita da Antonio Lafréry nel 1553, è copia di un’incisione di dimensioni maggiori stampata da Antonio Salamanca, forse anch'essa su disegno di Domenico Giuntalodi (Dewanrte-Rosa 1989, pp. 54-56).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 6 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 257, n. 2551; Corsi-Ragionieri 2004, p. 47, n. 35; Bianchi 2004, 57, p. 10, D 33; Bianchi 2006, p. 53.
Pasquino

L’incisione riproduce i resti di un gruppo marmoreo, originale ellenistico forse del sec. III a.C. Tratto alla luce durante scavi compiuti in piazza Navona alla fine del ‘400, nel 1501 fu fatto collocare dal cardinale Oliviero Carafa su un piedestallo ad un angolo di palazzo Orsini nella piazza detta di Parione, ora piazza Pasquino. Al soggetto sono state date diverse interpretazioni, una delle quali ritiene si tratti di
Menelao che trasporta il corpo di Patroclo. Nella Roma papale Pasquino ebbe un ruolo popolare-satirico, anche spesso in dialogo con Marforio: ai piedi o al collo della statua venivano appesi nella notte fogli contenenti satire in versi (le cosiddette “pasquinate”), dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti.
Albo H 56-2, tav. 97
La tavola, attribuita a Nicolas Beatrizet (Passavant VI, 1864, p. 120, n. 118), è stata edita da Antonio Salamanca nel 1542 e ristampata da Marco Clodio con l’abrasione del precedente indirizzo.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 71 d; Arrigoni-Berterelli 1939, p. 322, n. 3185; Bianchi 1981, p. 144; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 22; Bianchi 2006, p. 56.
Albo H 56-1, tav. 42
L’incisione anonima è copia nello stesso verso di quella edita da Salamanca (Albo H 56-2, tav. 97); le scritte sono le stesse dell’originale, ma vi sono numerosi particolari differenti e in basso a destra si legge l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1550.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: giglio con quattro fiorellini inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 157, n. 71 a; Arrigoni-Berterelli 1939, p. 322, n. 3185; Bianchi 1981, p. 144; Bianchi 2004, 57, p. 6, D 22, copia A; Bianchi 2006, p. 51.
Piramide di Cestio

L’incisione raffigura la tomba del pretore Caio Cestio Epulone, sita a Roma presso Porta San Paolo e costruita verso il 12 a.C., in un periodo di poco successivo alla conquista dell’Egitto da parte di Roma, sulla cui cultura del tempo la civiltà egiziana esercitò un forte fascino. La piramide fu successivamente inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 per volontà dell’imperatore Aureliano.
P.V. g. 16-12
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Salamanca, la data 1549 e in basso a destra quello di Nicola Van Aelst. Secondo Hülsen era stata edita una prima volta dal Salamanca nel 1546 senza indirizzo, quindi con l’indirizzo e la data 1549. La tiratura di questo esemplare è moderna, come testimonia il timbro a secco della Regia Calcografia nell’angolo inferiore destro.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 39 e; Bianchi 2006, p. 63; Rubach 2008, p. 33, fig. 12.
Albo H 56-1, tav. 5
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry con la data 1547 ed è copia con varianti di quella edita dal Salamanca (P.V. g. 16-12).
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 39 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 304, n. 3027; Corsi-Ragionieri 2004, p. 39, n. 27; Bianchi 2006, p. 48.
Pirro o Marte

L’incisione riproduce una statua colossale marmorea di Marte risalente al I secolo d.C., rinvenuta nel XVI secolo presso il Foro di Nerva. Dopo essere stata collocata in diverse dimore patrizie, fu acquistata nel 1736 da papa Clemente XII e trasportata nel 1740 in Campidoglio, dove è attualmente conservata nell’atrio di Palazzo Nuovo. L’identificazione con Pirro re dell’Epiro, perdurata fino a tutto il Settecento, sembra si basasse unicamente sulla presenza di elefanti nella decorazione delle frange dell’abito.
Albo H 56-2, tav. 72
La tavola è stata incisa dal belga Jacob Bos e stampata da Antonio Salamanca nel 1562.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 156, n. 67 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3192; Bianchi 2006, p. 54.
Albo H 56-2, tav. 73
La tavola è stata incisa dal belga Jacob Bos e stampata da Antonio Salamanca nel 1562.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 156, n. 67 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3192; Bianchi 2006, p. 54.
Porta Maggiore

L’incisione raffigura la struttura a due fornici (anticamente detta porta Nevia e Labicana), fatta costruire sotto l'imperatore Claudio nel 52 d.C., con finestre inserite in edicole con timpano sui piloni e semicolonne di ordine corinzio. In origine era la monumentalizzazione dell'Acquedotto Claudio nel punto in cui questo scavalcava la via Labicana e la via Praenestina, luogo in cui convergevano otto degli undici acquedotti che portavano l'acqua alla città. In seguito divenne una delle porte nelle Mura Aureliane di Roma. Su di essa si leggono tre iscrizioni: la superiore è stata fatta incidere dall'imperatore Claudio in occasione della costruzione, quella centrale risale a Vespasiano e quella inferiore a Tito.
Albo H 56-1, tav. 51
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1549 ed è copia di un’incisione stampata da Antonio Salamanca nel 1538 su disegno di Domenico Giuntalodi (Dewarte-Rosa 1989, p. 52).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 24 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 287, n. 2863; Bianchi 2006, p. 52.
Porta San Lorenzo

Originariamente era solo un fornice monumentale in travertino, realizzato in età augustea (5 a.C.) per permettere il passaggio, al di sopra della via Tiburtina, di un gruppo di acquedotti (aqua Marcia, Tepula, Iulia). Tra il 270 e il 275 d.C. l’arco venne inglobato nelle Mura Aureliane. L’arco originario eretto da Augusto, che ora forma il lato interno della porta e si trova a un livello alquanto più basso rispetto a quello stradale odierno, è in ottimo stato di conservazione con pilastri tuscanici e le chiavi di volta ornate da bucrani. L’attico è attraversato dai tre acquedotti e reca altrettante iscrizioni: quella superiore risale all’anno di costruzione dell’arco, quella al centro è databile al restauro di Caracalla nel 212 d.C., mentre quella inferiore si riferisce al restauro voluto da Tito nel 79 d.C.
Albo H 56-1, tav. 17
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1566.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 23 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 292, n. 2924; Bianchi 2006, p. 49.
Albo H 56-1, tav. 52
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1566.
Il foglio ha impresso in alto a destra il timbro GMS (Gabinetto Milanese delle Stampe).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 23 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 292, n. 2924; Bianchi 2006, p. 52.
Porto di Claudio e porto di Traiano

Divenuto ormai insufficiente il porto di Ostia, l’imperatore Claudio fece progettare un polo portuale posto tre chilometri a nord della foce del Tevere. La realizzazione di questo progetto, dalle proporzioni faraoniche, iniziò nel 42 d.C. e terminò nel 64 d.C. sotto il principato di Nerone. L’ampio bacino di attracco, molto ampio ma poco profondo, iniziò subito a insabbiarsi e divenne presto inutilizzabile. Tra il 100 e il 112 d.C., fu necessario un secondo intervento: l’imperatore Traiano fece costruire un nuovo bacino, di forma esagonale, scavato artificialmente più all’interno della costa.
P.V. g. 16-21
La tavola è stata incisa a Venezia nel 1554 da Giulio De Musi su disegno di Pirro Ligorio ed edita da Michele Tramezzino nel 1558. Questo esemplare in tiratura tarda deriva dalla lastra reincisa in alcune sue parti e reca l’indirizzo di Carlo Losi, 1773 (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto in due cerchi concentrici e punta di freccia in basso.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 25 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 440, n. 4351; Bianchi 2006, p. 63.
P.V. g. 14-41
La tavola, incisa da Étienne Dupérac ed edita da Antonio Lafréry nel 1575, è copia nello stesso verso della stampa incisa da Giulio De Musi nel 1554 ed edita da Michele Tramezzino nel 1558 (P.V. g. 16-21).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 25 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 440, n. 4354; Bianchi 2006, p. 63.
P.V. g. 16-20
La tavola, incisa da Étienne Dupérac ed edita da Antonio Lafréry nel 1575, copia nello stesso verso della stampa incisa da Giulio De Musi nel 1554 ed edita da Michele Tramezzino nel 1558 (P.V. g. 16-21), reca anche l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto in un cerchio sormontato da una N (?).
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 25 g; Bianchi 2006, p. 63.
P.V. g. 18-5
La tavola, incisa da Étienne Dupérac e edita da Antonio Lafréry nel 1575, è copia nello stesso verso della stampa incisa da Giulio De Musi nel 1554 ed edita da Michele Tramezzino nel 1558 (P.V. g. 16-21). Essa reca anche l’indirizzo di Giovanni Giacomo De Rossi alla Pace.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 25 g; Bianchi 2006, p. 63.
Albo H 56-3, tav. 129
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla ed edita da Claude Duchet nel 1581, è copia nello stesso verso della stampa incisa da Étienne Dupérac ed edita da Antonio Lafréry nel 1575 (P.V. g. 16-20; P.V. g. 18-5). Reca anche l’indirizzo di Giovanni Orlandi, 1602 (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4067) risulta che è stato acquistato il 5 giugno 1964 presso la Libreria Chiesa, via Bigli 11, Milano.
Filigrana: leone di San Marco (?) inscritto in uno scudo ovale con cappello cardinalizio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 25 i; Bianchi 2006, p. 59.
Putto pescatore

Come testimoniato dall’iscrizione sul foglio, l’incisione riproduce un’antica scultura marmorea rinvenuta nella valle Vaticana e conservata nei Musei Capitolini.
Albo H 56-2, tav. 112
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1567.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: pellegrino inscritto in un cerchio sormontato da stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 156, n. 68 a; Gallina 1998, p. 38, n. 8; Bianchi 2006, p. 57.
Quattro fregi sovrapposti

L’incisione riproduce frammenti di un antico fregio che ornava forse un tempio dedicato a Nettuno o un edificio eretto a ricordo di una battaglia navale, come fanno pensare i soggetti della decorazione: strumenti usati per i sacrifici, prue di navi, ancore. Le lettere dalla A alla M rimandano alle spiegazioni nel margine inferiore. Questi bassorilievi, che nel Medioevo si trovavano in S. Lorenzo fuori le Mura, sono conservati nei Musei Capitolini.
Albo H 56-2, tav. 98
La tavola, priva di indirizzo e di data, è dagli studiosi unanimemente attribuita a Nicolas Béatrizet. Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano), il margine inferiore è tagliato a sinistra.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 51 a; Bianchi 1981, p. 98; Bianchi 2003, 56, p. 5, n. 101.
Albo H 56-2, tav. 99
La tavola, dagli studiosi unanimemente attribuita a Nicolas Béatrizet, reca in basso a destra il tardo indirizzo di Hendrik Van Schoel.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 51 d; Bianchi 1981, p. 98; Bianchi 2003, 56, p. 5, n. 101.
Roma trionfante

L’incisione riproduce tre antiche statue, già nella collezione del cardinale Federico Cesi, acquistate nel 1720 da papa Clemente XI e ora nel cortile del Palazzo dei Conservatori, in Campidoglio. Roma Victrix, statua colossale in marmo di età adrianea da un originale greco del V secolo a.C., è affiancata da due re barbari vinti, statue in marmo del II secolo d.C. Il bassorilievo con la figura femminile sul basamento, che rappresenterebbe la Dacia soggiogata, decorava la chiave di un arco eretto in onore di Traiano.
Albo H 56-2, tav. 113
La tavola, attribuita unanimemente dagli studiosi a Nicolas Béatrizet, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1549.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: non visibile
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 158, n. 72 a; Bianchi 1981, p. 94; Bianchi 2003, 56, p. 3, 97; Corsi-Ragionieri 2004, p. 16, n. 4; Bianchi 2006, p. 58.
Sacrificio antico o Suovetaurilia

L’incisione riproduce un bassorilievo in marmo di età giulio-claudia rappresentante una processione per il sacrificio dei tre animali domestici tipici, il maiale (sus), la pecora (ovis), il toro (taurus) offerti a Marte a scopo purificatorio. Sullo scorcio del secolo XV faceva parte della collezione del cardinale Pietro Barbo e si trovava nel giardino di Palazzo Venezia a Roma, mentre nel 1550 era già stato trasferito all’interno del palazzo per volontà del cardinale Domenico Grimani. Nel 1587 la tavola marmorea fu trasportata a Venezia con la donazione di Giovanni Grimani: dapprima sistemata in Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, in seguito venne collocata come sopraporta nell’antisala della Biblioteca Marciana. Nel 1797 il bassorilievo, requisito dai francesi assieme ad altre opere d’arte, passò al Louvre, dove si trova ancora oggi, esposto nella sala dell'Apollo.
Albo H 56-3, tav. 141
La tavola, attribuita da alcuni studiosi a Nicolas Béatrizet (Heinecken II, 1788, p. 280; Nagler.
Mon . IV, 1879, p. 733, n. 19), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1553.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, via Montebello 30, Milano.
Filigrana: agnello pasquale inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 153, n. 52 a; Bianchi 1981, p. 128; De Angelis d'Ossant 2001, pp. 34-36; Bianchi 2004, 57, p. 8, D 28; Bianchi 2006, p. 60; De Angelis d’Ossat 2001, pp. 34-36.
Sarcofago di Costanza detto di Bacco

L’incisione raffigura il monumentale sarcofago in porfido realizzato per accogliere le spoglie di una delle figlie dell'imperatore Costantino, Costantina, morta nel 354 d.C. e sepolta nel Mausoleo di Santa Costanza. La cassa è decorata da girali e tralci di vite, all'interno dei quali compaiono amorini intenti nella vendemmia; al di sotto sono visibili due pavoni, un ariete e un amorino con ghirlanda; il coperchio è decorato da festoni vegetali legati a maschere. La decorazione sviluppa il motivo della vendemmia che, alludendo al vino eucaristico, era spesso utilizzato in ambito cristiano. Proprio la simbologia della vendemmia, molto antica e legata anche ai culti dionisiaci, aveva però dato motivo di identificare erroneamente il Mausoleo di Santa Costanza come un tempio di Bacco. Dal 1788 per volontà di Pio VI il sarcofago appartiene alla collezione dei Musei Vaticani.
Albo H 56-2, tav. 66
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1553.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 43 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 92, n. 887; Bianchi 2006, p. 54.
Scena di sacrificio dalla colonna Antonina

L’incisione riproduce una scena scolpita nel fregio della colonna Antonina, in cui l’imperatore Marco Aurelio offre un sacrificio. La colonna in marmo lunense fu eretta tra il 180 e il 193 d.C. per celebrare le vittorie di questo imperatore nelle guerre contro Marcomanni, Quadi e Sarmati.
Albo H 56-3, tav. 142
La tavola, incisa da Léon Davent su disegno di Francesco Primaticcio (Bartsch XVI, 1870, p. 314, n. 14), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1565.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, via Montebello 30, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 168, n. 143 a; Bianchi 2006, p. 60.
Art. prez. m. 59
La tavola, incisa da Léon Davent su disegno di Francesco Primaticcio (Bartsch XVI, 1870, p. 314, n. 14), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1565.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 1644) risulta che esso è stato donato alla Raccolta il 26 luglio 1939 da Daria Guarnati, vedova del critico d’arte Giacomo Francesco Guarnati.
Filigrana: agnello pasquale inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 168, n. 143 a; Bianchi 2006, p. 63.
Scipione (trionfo)

L’incisione rappresenta il trionfale ingresso a Roma del condottiero romano Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, accompagnato da un sontuoso bottino di merci e schiavi dopo la vittoria su Annibale, duce cartaginese, e Siface re di Numidia.
Albo H 56-2, tav. 107
La tavola, incisa dal Maestro del Dado (Bernardo Daddi ?) forse da un’invenzione di Raffaello (Bartsch XV, 1867, p. 226, n. 74), è stata edita da Antonio Lafréry, senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: pellegrino inscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 159, n. 79 a; Bianchi 2006, p. 57.
Scipione (vittoria)

L’incisione rappresenta la vittoria del condottiero romano Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, contro il condottiero cartaginese Annibale e il re di Numidia Siface.
Albo H 56-2, tav. 107
La tavola, incisa dal Maestro del Dado (Bernardo Daddi?) forse da un’invenzione di Raffaello (Bartsch XV, 1867, p. 226, n. 73), è stata edita da Antonio Lafréry, senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 159, n. 78 a; Bianchi 2006, p. 57.
Sepolcro di Cecilia Metella

L’incisione raffigura la tomba dedicata alla nobildonna romana Cecilia Metella, figlia del console Quinto Cecilio Metello e moglie di Marco Licinio Crasso. Il monumento, eretto negli anni 30-20 a.C. al terzo miglio della via Appia in posizione dominante rispetto alla strada, è costituito da un basamento a pianta quadrata su cui si innalza un imponente cilindro rivestito da lastre di travertino, sulla cui sommità vi è un fregio marmoreo. La merlatura, poi rifatta più alta nel medioevo, era già presente nella struttura in travertino. L’interno della tomba è costituito da una camera funeraria.
Albo H 56-1, tav. 8
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1549.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 38 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 306, n. 3053; Bianchi 2006, p. 48; Rubach 2008, p. 33, fig. 13.
Sepolcro di Marco Antonio Lupo

L’incisione raffigura una visione frontale del grande sepolcro di marmo a sezione quadrata, posto su una base anch’essa quadrata, appartenente al pretore Marco Antonio Anzio Lupo. Sito sulla via Ostiense venne demolito nel XVII secolo. Attualmente il pannello con l'iscrizione affiancata da sei fasci littori è conservato nel chiostro interno alla Basilica di San Paolo fuori le mura. Un disegno del
Codex Coburgensis mostra la tavola con l'iscrizione e i rilievi, ma senza la base del monumento (Rubach 2008, p. 31).
Albo H 56-1, tav. 11
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1551.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: agnello pasquale inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 41 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 303, n. 3020; Bianchi 2006, p. 49; Rubach 2008, pp. 30-31, figg. 6, 10, 11.
Sepolcro di Publio Vibio Mariano

L’incisione raffigura il sarcofago marmoreo, databile al III secolo d.C., del magistrato tortonese Publio Vibio Mariano (procuratore della Sardegna e prefetto della Terza Legione gallica) e della moglie Regina Maxima. Il monumento, eretto per volontà della figlia Vibia Maria Maxima lungo l'antica via consolare Cassia e nel Medioevo erroneamente ritenuto la tomba di Nerone, presenta una ricca decorazione a rilievo e un coperchio a doppio spiovente con acroteri. La stampa riproduce il lato frontale della cassa e un lato in scorcio. Il primo è occupato dalla tabella iscritta affiancata dalle figure dei Dioscuri e da lesene corinzie, sugli acroteri si vedono Vittorie alate. Il secondo mostra un grifone e una testa di toro, nella parte superiore Marte in armi e due aquile che trattengono tra gli artigli un serpente.
Albo H 56-1, tav. 12
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1551.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: soggetto illeggibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 42 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 311, n. 3093; Bianchi 2006, p. 49; Rubach 2008, pp.28, 30, fig. 5.
Sepolcro di Quinto Verannio

L’incisione riproduce in alzato e in pianta questo monumento in laterizio situato lungo la via Appia antica. Quella dei Verannii fu una famiglia illustre sia per la sua antichità, sia per le cariche che i suoi membri coprirono in Roma: sappiamo da Tacito che un Q. Verannio fu legato di Germanico Cesare in Oriente e che l'omonimo figlio del suddetto nel 49 d.C. ottenne la dignità del consolato e fu legato di Nerone in Britannia, ove morì intorno al 62 d.C.
Albo H 56-1, tav. 21
La tavola, anonima e priva di data, è dedicata da Girolamo Denovi Lafreri a Joan Forget de Beauregard, di cui si vede a sinistra lo stemma; è aggiunto anche l'indirizzo di Giovanni Orlandi semiabraso. Un disegno relativo a questa stampa, rispetto alla quale risulta in controparte, di autore anonimo del XVI secolo,
Veduta di una tomba romana non identificata (penna e inchiostro, mm 392 x 206), è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Collezione Thomas Ashby (Keaveney 1988, p. 239, n. 65, ill. p. 241).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: ancora inscritta in un cerchio sormontato da una stella.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 168, n. 147 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 312, n. 3100; Ceschi, D'Amico, Matthiae 1956, p. 36; Bianchi 2006, p. 50.
Sepoltura antica o Trono di Nettuno

L’incisione in realtà non riproduce il lato di un sarcofago, bensì un rilievo facente parte di un ciclo marmoreo decorativo d’età ellenistico-romana, noto con il nome di “Troni”, che vedeva putti vestiti di un solo mantello svolazzante portare le insegne dei dodici dèi accanto ai rispettivi troni vuoti, su sfondo di architetture. Del ciclo sono conservati frammenti in vari musei (fra cui gli Uffizi di Firenze, il Louvre di Parigi, il Museo Archeologico di Venezia): quello rappresentato in questa stampa, il cosiddetto “Trono di Nettuno” è incastonato in una parete laterale del presbiterio nella chiesa di San Vitale a Ravenna.
Albo H 56-2, tav. 106
La tavola anonima è copia nello stesso verso di una stampa incisa da Marco Dente nel 1518 (Bartsch XIV, 1867, p. 194, n. 242) e reca la data 1519.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio, un altro elemento circolare in altra parte del foglio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 158, n. 73 a; Bianchi 2006, p. 57.
Sette chiese di Roma

L’incisione è stata realizzata in occasione del Giubileo dell’XI Anno Santo, indetto nel 1575 da Gregorio XIII. Illustra l’itinerario del pio pellegrinaggio nell’Urbe che, richiamandosi al culto per le tombe e le reliquie dei martiri, prevedeva la visita, a seconda dei casi, a quattro, sette o nove chiese. Alla visita delle sette chiese, in particolare, era stata data grande diffusione intorno alla metà del secolo XVI a opera di San Filippo Neri.
Albo H 56-2, tav. 121
La tavola, in tempi relativamente recenti attribuita a Étienne Dupérac (Baglione, riediz. 1990, pp. 21, 194), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1575.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 3118) risulta che questo foglio è stato acquistato il 18 maggio 1959 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via dei Bossi 2, Milano.
Filigrana: pellegrino inscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 164, n. 115 a; Bianchi 1998, p. 66, n. 22; Bianchi 2006, p. 58.
Settizonio sulla via Appia

L’incisione raffigura l’imponente edificio fatto innalzare nel 203 d.C. sul fianco del Palatino dall’imperatore Settimio Severo come facciata monumentale all’ingresso dei quartieri imperiali: era ben visibile a chi giungeva dalla via Appia e doveva rimanere impressionato dalla sua magnificenza. L'edificio, che a partire dall'VIII secolo iniziò a cadere in rovina, fu distrutto dall'architetto Domenico Fontana nell'inverno del 1588-1589 nell'ambito degli interventi urbanistici voluti da Sisto V; i suoi materiali furono reimpiegati in restauri e migliorie di varie fabbriche romane.
Albo H 56-1, tav. 3
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1546.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 40 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 316, n. 3136; Bianchi 2006, p. 48.
Albo H 56-1, tav. 4
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla e stampata da Claude Duchet nel 1582, è copia di quella edita dal Lafréry nel 1546 (Albo H 56-1, tav. 3). In questa tiratura tarda il nome del Brambilla in basso a destra è stato abraso, sotto l’indirizzo del Duchet si legge quello di Domenico De Rossi alla Pace (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli), e nell’angolo inferiore destro il timbro a secco della Regia Calcografia.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 40; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 316, n. 3141; Bianchi 2006, p. 48.
P.V. m. 24-18
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla e stampata da Claude Duchet nel 1582, è copia di quella edita dal Lafréry nel 1546 (Albo H 56-1, tav. 3). In questa tiratura tarda il nome del Brambilla in basso a destra è stato abraso, sotto l’indirizzo del Duchet si legge quello della Calcografia Camerale (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli), nell’angolo inferiore destro il timbro a secco della Regia Calcografia.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 40; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 316, n. 3141; Bianchi 2006, p. 62.
Tavola di animali da antiche pitture

Si tratta della prima di una serie di tre incisioni (la seconda e la terza non sono presenti nella Raccolta Bertarelli) che raffigurano, come testimoniato dalla scritta nel cartiglio, numerosi animali dipinti sulle pareti di un ambiente riscaldato con il sistema dell’hypocausto scoperto nel 1547 presso il Vivarium, una struttura situata nella zona di Porta Prenestina dove venivano custoditi gli animali destinati ai combattimenti.
Albo H 56-3, tav. 139
La tavola è anonima e reca l’indirizzo di Antonio Lafréry, senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che questo foglio è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via Montebello 30, Milano.
Filigrana: agnello pasquale inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 159, n. 81 a; Bianchi 2006, p. 60
Tavola di marmo con insegne di coorti romane

L’incisione riproduce la tavola marmorea di Marco Pompeo Asper, centurione della XV Apollinaris, centurione della III corte pretoria, primipilo della legione III Cyreniaca e Praefectus castrorum della XX Victrix. Nella stele compaiono ai lati due insegne identiche che mostrano, oltre all’aquila, a un genio alato e a due immagini imperiali, l’effigie di uno scorpione, esclusivo dei pretoriani. Il rilievo funerario, ospitato nel XV secolo a Palazzo Massimi a Grotteferrata (Rubach 2008, p. 32), località presso la quale era stato rinvenuto (Guidi 2011, p.
192) e nel XVI secolo conservato nel palazzo del cardinale Federico Cesi, si trova ora nel Palazzo Albani del Drago alle Quattro Fontane a Roma. Disegni realtivi a questa tavola sono conservati nel taccuino della cerchia di G.A. Dosio a Firenze (Biblioteca Nazionale Centrale), nel
Codex
Coburgensis e nel
Codex Pichianus a Berlino (Rubach,
ivi).
Albo H 56-2, tav. 119
La tavola, concordemente attribuita dagli studiosi a Nicolas Béatrizet, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1551.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: animale rampante (?) inscritto in uno scudo con croce pomata.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 151, n. 44 a; Bianchi 1981, p. 96; Bianchi 2003, 56, p. 4, n. 100; Bianchi 2006, p. 58; Rubach 2008, pp. 31-32, figg. 7, 10, 11.
Teatro di Marcello

L’incisione riproduce nella sua ricostruzione ideale il teatro innalzato tra il fiume Tevere e il Campidoglio, voluto da Cesare e proseguito da Augusto che lo dedicò nell’11 a.C. a Marco Claudio Marcello, il nipote destinato alla sua successione e morto prematuramente a Baia nel 23 a. C. Questo edificio, l’unico teatro antico rimasto a Roma, è in gran parte conservato, anche se a partire dal Medioevo venne inglobato nelle residenze Savelli prima, Orsini poi. Il teatro di Marcello fissò lo schema del teatro classico romano, in cui la cavea poggia su strutture in muratura e non su un declivio naturale, come nel teatro greco.
Albo H 56-2, tav. 80
La tavola è firmata da Nicolas Bèatrizet nell’angolo inferiore sinistro con la sigla: «NB.F», che in questo esemplare risulta scarsamente inchiostrata e poco visibile. Secondo Hülsen questa stampa è copia in controparte di una tavola anonima, realizzata nel 1558 su disegno di Pirro Ligorio e edita da Michele Tramezzino.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 146, n. 21 d; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 326, n. 3211; Bianchi 1981, p. 124; Bianchi 2003, 56, p. 10, n. 115; Corsi-Ragionieri 2004, p. 32, n. 20; Bianchi 2006, p. 55.
Teatro o Cortile del Belvedere (pianta)

Il cortile del Belvedere, iniziato nella prima metà del secolo XVI per volere di papa Giulio II su progetto di Donato Bramante, è uno spazio aperto stretto e lungo che doveva collegare l'appartamento del papa con una villa o Casino del Belvedere (la cosiddetta villa di Innocenzo VIII) che si trovava più in alto rispetto al palazzo Vaticano. Il collegamento doveva avvenire attraverso la costruzione di edifici architettonici destinati sia ad attività di svago che culturali: alcuni edifici dovevano contenere l'enorme mole di statue che i papi avevano collezionato durante gli anni, mentre il livello più basso doveva essere riservato a ospitare tornei e spettacoli teatrali. Dei lavori si occuparono anche Baldassarre Peruzzi e Antonio da Sangallo, infine la riformulazione architettonica del complesso fu affidata da Pio IV a Pirro Ligorio tra il 1560 e il 1561.
Albo H 56-2, tav. 124
La tavola, anonima, reca l’indirizzo di Antonio Lafréry e la data 1565. Al termine della lunga iscrizione si fa riferimento al torneo tenutosi nel cortile del Belvedere il 5 marzo 1565, durante il Carnevale, a conclusione dei festeggiamenti per le nozze tra Jacob Hannibal I d’Altemps, conte di Hohenems e Ortensia Borromeo contessa di Arona. Jacob Hannibal (1530-1587) era nipote di Pio IV, che lo aveva chiamato a Roma e nominato Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, Ortensia (1550-1578) era sorella, o sorellastra, di San Carlo Borromeo.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano) ed è stato tagliato in modo da privarlo di una parte dell’angolo inferiore sinistro.
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 162, n. 101 a; Bianchi 2006, p. 59.
Tempio di Antonino e Faustina

L’incisione raffigura nella sua ricostruzione ideale l’alzato e la pianta del tempio fatto costruire nel 141 d.C. dall'imperatore Antonino Pio in memoria della moglie Faustina e dal Senato dedicato anche allo stesso Antonino dopo la sua morte nel 161 d.C.
L’edificio, situato nel Foro romano tra la basilica Emilia e il tempio del Divo Romolo, nel Medioevo fu parzialmente inglobato nelle strutture della chiesa di San Lorenzo in Miranda.
Albo H 56-1, tav. 16
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1565.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 9 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 329, n. 3249; Corsi-Ragionieri 2004, p. 37, n. 25; Bianchi 2006, p. 49.
Tempio della Fortuna Virile

L’incisione raffigura il tempio di Portuno o Portunno, noto comunemente come tempio della Fortuna Virile, uno pseudoperiptero tetrastilo di ordine ionico del tempo di Cesare, in seguito consacrato a S. Maria Egizia. Il tempio, che volta le spalle al foro Boario, è uno dei pochi dell'età repubblicana arrivato pressoché integro ai tempi nostri ed è tuttora visibile lungo il Tevere non lontano dal Campidoglio e dal Teatro di Marcello.
Albo H 56-1, tav. 25a
La tavola, che reca la sigla di Nicolas Béatrizet sulla base dell’ultima colonna a sinistra, è stata stampata da Tommaso Barlacchi nel 1550.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: due frecce incrociate.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 10 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 334, n. 3295; Bianchi 1981, p. 110; Bianchi 2003, 56, p. 7, n. 107; Corsi-Ragionieri 2004, p. 37, n. 25; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-1, tav. 25b
La tavola, che reca la sigla di Nicolas Béatrizet sulla base dell’ultima colonna a sinistra, è stata stampata da Tommaso Barlacchi nel 1550.
Il foglio ha impresso in basso verso sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: due frecce incrociate.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 144, n. 10 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 334, n. 3295; Bianchi 1981, p. 110; Bianchi 2003, 56, p. 7, n. 107; Corsi-Ragionieri 2004, p. 37, n. 25; Bianchi 2006, p. 50.
Tempio di Giano o Arco quadrifronte

L’incisione raffigura il cosiddetto Tempio di Giano, in realtà un Arco onorario quadrifronte, forse di età costantiniana, fatto costruire ai margini orientali del Foro Boario. Esso è formato da quattro piloni rivestiti di lastre marmoree che sostengono al centro una volta a crociera; i piloni sono ornati sui lati esterni, al di sopra dell'alto zoccolo, da due file di tre nicchie semicircolari con calottine a conchiglia. Attualmente non rimane più nulla dell'attico in mattoni né del coronamento finale; i resti di quella che doveva essere l'iscrizione dedicatoria sono conservati nella vicina chiesa di San Giorgio al Velabro.
Albo H 56-1, tav. 26
La tavola, anonima, è stata stampata da Tommaso Barlacchi nel 1550.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio su tre monti inscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 4 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 48, n. 429; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-1, tav. 15
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1564 ed è copia di quella stampata dal Barlacchi nel 1550 (Albo H 56-1, tav. 26). Sul pilastro di sinistra si vede una piccola figura di Minerva.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 4 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 48, n. 430; Corsi-Ragionieri 2004, p. 45, n. 33; Bianchi 2006, p. 49.
Tempio di Romolo e Remo (porta)
Secondo alcune fonti in origine l'edificio non era un tempio, ma l’ingresso dalla via Sacra al complesso imperiale del Tempio della Pace, tra l'Arco di Tito e la piazza del Foro Romano. Sarebbe stato l'imperatore Massenzio (306-312 d.C.) a riutilizzarlo come tempio dedicato al figlio, Valerio Romolo, prematuramente scomparso nel 309 e divinizzato. Quando nel VI secolo un'aula del Tempio della Pace venne trasformata nella basilica dei Santi Cosma e Damiano, la struttura fu utilizzata come vestibolo della chiesa. Il portale in bronzo (una delle poche porte romane sopravvissute), che si apre sulla facciata convessa dell’edificio, risale al 200 a.C. ed è stato qui riutilizzato. É affiancato da una coppia di colonne di porfido con capitelli di marmo bianco, che sostengono una cornice in marmo bianco, finemente intagliata, mentre i suoi ornamenti sono andati perduti.
Albo H 56-1, tav. 9
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1550 e secondo Hülsen è copia di una più rara stampa di Agostino Veneziano edita da Antonio Salamanca.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e in alto a destra RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: balestra (?) inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 143, n. 7 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 333, n. 3288; Corsi-Ragionieri 2004, p. 36, n. 24; Bianchi 2006, p. 48.
Terme di Marco Vipsanio Agrippa

L’incisione raffigura nella sua ricostruzione ideale questo complesso termale, oggi pressoché interamente scomparso, situato a nord del Largo di Torre Argentina, tra Corso Vittorio Emanuele e via di Santa Chiara e inaugurato nel 12 a.C. ad opera di Marco Vipsanio Agrippa. Si trattava del primo edificio termale pubblico di Roma, che si distinse dagli altri stabilimenti per le proporzioni, la perfezione degli impianti e la ricchezza dell’ornato: secondo Plinio il Vecchio le terme avevano una decorazione con incrostazioni marmoree, pitture a encausto, quadri, mosaici e sculture. Tra le strutture ancora conservate c'è il cosiddetto Arco della Ciambella, situato nell’omonima via.
Albo H 56-1, tav. 40
La tavola reca l’indirizzo di Claude Duchet, datato 1585, e quello di Hendrick Van Schoel stampato sopra l’indirizzo abraso di Giovanni Orlandi, di cui si intravvede ancora la data 1602.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: giglio inscritto in un cerchio sormontato da corona.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 164, n. 116 c; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 348, n. 3438; Bianchi 2006, p. 51.
Terme di Diocleziano e Massimiano

L’incisione raffigura nella loro ricostruzione ideale le Terme edificate tra il 298 e il 306 d.C. sotto l’impero di Diocleziano e Massimiano. Estese su una superficie di oltre 13 ettari, esse erano il più grandioso complesso termale mai costruito nel mondo romano con un vasto recinto esterno al cui ingresso principale corrispondeva, sul lato opposto, un’enorme esedra con gradinate, forse usata per spettacoli teatrali. Dal recinto si accedeva al giardino, al centro del quale si trovava il complesso termale vero e proprio, con frigidarium, tepidarium e calidarium. Ai lati del corpo centrale erano disposte in modo simmetrico due vaste palestre oltre a una serie di ampi ambienti. Dal 1562 le Terme furono trasformate da Michelangelo, che vi realizzò la Basilica di Santa Maria degli Angeli; tra il 1598 e il 1600 in una delle due sale circolari ai lati del recinto fu collocata la chiesa di San Bernardo alle Terme.
Albo H 56-1, tav. 27
La tavola, incisa da Jacob Bos su disegno di Pirro Ligorio, è stata edita da Michele Tramezzino nel 1558.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: balestra inscritta in un cerchio sormontato da un giglio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 37 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 353, n. 3480; Bianchi 2006, p. 50.
Albo H 56-1, tav. 39
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla ed edita da Claude Duchet nel 1582, è copia in controparte in dimensioni ridotte della stampa di Jacob Bos (Albo H 56-1 , tav. 27).
Il foglio ha impresso in basso a destra il timbro GMS (Gabinetto delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 12) risulta che questo foglio è stato acquistato il 7 novembre 1927 presso la Libreria Antiquaria di Piazza Aracoeli, Roma ed è il primo foglio relativo allo
Speculum entrato nel Gabinetto delle Stampe dopo la sua fondazione in quello stesso anno.
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 150, n. 37 c; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 353, n. 3485; Bianchi 2006, p. 51.
Tevere (dio fiume)

L’incisione riproduce un’antica statua colossale in marmo, databile all'età adrianea, rinvenuta nel 1512 tra Santa Maria sopra Minerva e Santo Stefano del Cacco nell'area dell'antico Iseum Campense, dove era esposta insieme alla gemella statua del Nilo scoperta l'anno successivo. Il Tevere è raffigurato nel consueto tipo delle divinità fluviali, con i suoi attributi: i gemelli Romolo e Remo, la Lupa e la cornucopia, simbolo della fertilità del territorio dovuta alle acque del fiume. La statua nel XVI secolo si trovava nel cortile del Belvedere in Vaticano, nel 1797 passò in Francia e dal 1811 è conservata nel Museo del Louvre.
Albo H 56-1, tav. 19
La tavola, concordemente attribuita dagli studiosi a Nicolas Béatrizet, reca gli indirizzi di Antonio Lafréry e di Paolo Graziano, entrambi senza data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: pellegrino inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 155, n. 60 b; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3194; Bianchi 1981, p. 104; Bianchi 2003, 56, p. 6, n. 104; Corsi-Ragionieri 2004, p. 13, n. 1; Bianchi 2006, p. 49.
Tito Livio (busto)

L’incisione raffigura il supposto ritratto dello storico latino Tito Livio, a mezzo busto di profilo verso sinistra. Antonio Lafréry la elencava nella parte finale del suo
Indice delle stampe in vendita ... nella sezione “Effigie diverse”. Non è noto il prototipo da cui deriva.
Albo H 56-3, tav. 140
Questa tavola, anonima e datata 1572, è copia in controparte di quella stampata da Antonio Salamanca e attribuita unanimamente dagli studiosi a Nicolas Béatrizet.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, via Montebello 30, Milano.
Filigrana: pellegrino inscritto in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 167, n. 141 a; Bianchi 2003, 55, p. 10, n. 48, copia B; Bianchi 2006, p. 60.
Tomba di Giulio II

L’incisione riproduce il monumento funebre progettato da Michelangelo per papa Giulio II, nella sua realizzazione finale, molto meno imponente di quanto fosse stata ideata all’inizio. La tomba, in origine destinata alla Basilica di San Pietro in Vaticano dove avrebbe dovuto presentarsi come una grandiosa costruzione libera su tutti e quattro i lati, venne alla fine realizzata in dimensioni notevolmente ridotte come un monumento funerario a parete nella chiesa di San Pietro in Vincoli.
Albo H 56-1, tav. 57
La tavola, attribuita a Nicolas Béatrizet (Nagler,
Mon . IV, 1879, p. 733, n. 24) ed edita da Antonio Salamanca nel 1554, reca anche gli indirizzi di Paolo Graziano e Pietro De Nobili (non noti a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: tre monti sormontati da un soggetto illeggibile, inscritti in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 107; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 134, n. 1336; Fischer 1972, p. 12, H 107b-; Bianchi 1981, p. 136; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 30; Bianchi 2006, p. 53.
Albo H 56-1, tav. 56
La tavola, attribuita a Nicolas Béatrizet (Nagler,
Mon . IV, 1879, p. 733, n. 24), è stata edita da Antonio Salamanca nel 1554. Il particolare taglio apportato al margine inferiore di questo esemplare potrebbe aver asportato qualche altro eventuale indirizzo.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 107 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 134, n. 1336; Bianchi 1981, p. 136; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 30; Bianchi 2006, p. 53.
Albo H 88, tav. 65
La tavola, incisa da Ambrogio Brambilla ed edita da Claude Duchet nel 1582, è copia della stampa attribuita al Béatrizet ed edita dal Salamanca nel 1554 (Albo H 56-1, tavv. 56, 57). Si legge anche l’indirizzo di Giovanni Orlandi, 1602 (non noto a Hülsen).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: stella a sei punte, contenente un piccolo cerchio al suo interno, inscritta in un cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 107; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 134, n. 1336; Bianchi 1981, p. 136; Bianchi 2004, 57, p. 9, D 30; Bianchi 2006, p. 62.
Toro Farnese o Supplizio di Dirce
Il gruppo scultoreo, definito "la montagna di marmo" per le sue grandi dimensioni e perché ricavato da un unico blocco, rappresenta il supplizio di Dirce, legata a un toro inferocito da Anfione e Zeto come punizione per le angherie ripetutamente inflitte alla loro madre, Antiope. Secondo alcuni studiosi esso sarebbe copia romana di una famosa opera di due artisti di Rodi, Apollonio e Taurisco, sarebbe stato eseguito agli inizi del III secolo d.C. per decorare le Terme di Caracalla, dove fu rinvenuto nel 1546 nel cortile della cosiddetta palestra sud-orientale (secondo altri studiosi si tratterebbe invece dell'originale greco). Collocato inizialmente all’aperto nel cortile di Palazzo Farnese, dove secondo il progetto di Michelangelo avrebbe dovuto fungere da fontana, nel 1788, insieme ad altre sculture devolute in eredità da Elisabetta Farnese a Carlo III di Borbone, fu trasportato a Napoli, dove attualmente si trova
nel Museo Archeologico Nazionale.
Albo H 56-2, tav. 84
La tavola è una delle numerose versioni di questo soggetto, inciso tra gli altri da Natale Bonifacio nel 1580 e Diana Scultori nel 1581. Essa è anonima e reca l’indirizzo di Nicola Van Aelst e la data 1599.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli).
Filigrana: stemma (?).
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 165, n. 118 (che non cita però questa versione); Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 324, n. 3188; Bellini 1991, p. 244, copia D; Bianchi 2006, p. 55.
Triclinario o Rilievo di Icario

L’incisione riproduce un rilievo marmoreo romano, copia di un rilievo greco neoattico. Al centro della scena Bacco seguito da un corteo di fauni visita la casa di un mortale, da alcuni identificato come il poeta Ikarios. Il rilievo apparteneva nel 1535 alla collezione Maffei, in seguito ne venne in possesso papa Sisto V (1585-1590) e alla fine del Settecento fu acquistato dall'inglese Charles Townley; dal 1805 è conservato al
British Museum di Londra.
Albo H 56-2, tav. 105
La tavola, anonima, è stata edita da Antonio Lafréry nel 1549.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 152, n. 46 a; Bacchielli 1996, pp. 145-147; Bianchi 2006, p. 57.
Trofei di Mario

Le due incisioni riproducono due gruppi marmorei conosciuti come “Trofei di Mario” poiché nel Medioevo erano stati identificati con i trofei delle vittorie di Caio Mario sui Cimbri e i Teutoni mentre, secondo alcuni studiosi, i due rilievi sarebbero serviti in origine per adornare un monumento commemorativo per le vittorie germaniche e daciche di Domiziano. Vennero in seguito utilizzati come decorazione per il Ninfeo dell'Acqua Giulia sull’Esquilino costruito nel 226 d.C. dall'imperatore Alessandro Severo. Nel 1590 papa Sisto V fece collocare le sculture sulla balaustra del Campidoglio, dove si trovano tuttora.
Albo H 56-2, tav. 81
La tavola, anonima, è priva di indirizzo e di data.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano)
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 27 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 360, n. 3570 ; Bianchi 2006, p. 55.
Albo H 56-3, tav. 138
La tavola, anonima, è priva di indirizzo e di data.
Il foglio reca impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che sia stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, via Montebello 30, Milano.
Filigrana: lettera M sormontata da una stella a sei punte, inscritta in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 147, n. 28 a; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 360, n. 3570 (nota aggiunta a penna nel volume); Corsi-Ragionieri 2004, p. 26, n. 14; Bianchi 2006, p. 60.
Villa d’Este a Tivoli (fontana nei giardini di)

L’incisione raffigura la Fontana dell’Ovato, così detta per la sua particolare forma a esedra ovale, progettata da Pirro Ligorio e realizzata nel 1567. Al centro è la grande vasca nella quale finiscono tutte le acque cadenti e zampillanti della fontana: in essa confluisce l'acqua convogliata dal fiume Aniene attraverso un canale che scorre sotto la città. Al centro si trova la statua della Sibilla Tiburtina o Albunea che tiene il piccolo Melicerte, figlio della ninfa Ino, simboleggiante il fiume Albuneo; ai lati, entro nicchie, sono collocate le statue di due divinità fluviali, Ercolaneo e Aniene. Le rocce e i massi ornamentali creano una scenografia rappresentante i monti Tiburtini da cui scendono le acque dei tre fiumi.
Albo H 56-3, tav. 134
La tavola, attribuita a Étienne Dupérac (Robert-Dumesnil VIII, 1850, p. 104, n. 54), è stata edita da Antonio Lafréry nel 1575.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano). Dai Registri di carico (inv. n. 4509) risulta che è stato acquistato il 17 ottobre 1966 presso la Libreria Antiquaria Mediolanum, Via Montebello 30, Milano.
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in uno scudo.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 164, n. 114 a; Bianchi 2006, p. 60.
Albo H 88, tav. 60
La tavola è attribuita a Étienne Dupérac (Robert-Dumesnil VIII, 1850, p. 104, n. 54) e reca gli indirizzi di Antonio Lafréry, 1575, e di Tommaso Moneta, stampatore attivo tra il 1589 e il 1602 (Bellini 2008, p. 408).
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro RMS (Raccolta delle Stampe di Milano).
Filigrana: soggetto illeggibile inscritto in uno cerchio.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 164, n. 114; Bianchi 2006, p. 62.
Villa d’Este a Tivoli (i giardini di)

L’incisione raffigura il palazzo e i sontuosi giardini, capolavoro del Rinascimento italiano, fatti realizzare dal cardinale Ippolito II d’Este a Tivoli, dove fu governatore dal 1550. I lavori, affidati all’architetto Pirro Ligorio, durarono dal 1550 circa al 1572.
P.V. g. 16-32
La tavola, incisa da Étienne Dupérac nel 1573 e da lui dedicata alla regina Caterina de’ Medici, madre di Carlo IX di Francia, reca l’intestazione di Antonio Lafréry e a destra l’indirizzo di Giovanni Domenico De Rossi alla Pace.
Il foglio ha impresso in basso a sinistra il timbro AB (Achille Bertarelli) e in basso a destra quello a secco della Calcografia Camerale.
Filigrana: non visibile.
Bibliografia: Hülsen 1921, p. 163, n. 113 c; Arrigoni-Bertarelli 1939, p. 465, n. 4635; Bianchi 2006, p. 63.
Indice delle tavole per segnature, per soggetti e bibliografia